Ho chiuso i libri.
Questo significa che sono libera. È come dopo la maturità: fino a un’ora prima ansia e lavoro frenetico, poi con l’ultimo “visto si stampi” dell’ultimo volume… fine.
E quel che sarà sarà.
Erano però alcuni anni che non mi ritrovavo così, senza avere niente da fare. E ho fatto quello che bramavo da mesi: ho dormito.
È sempre così: quando finisco qualcosa, quando raggiungo un obiettivo, quando non ho niente da fare, io mi fermo e dormo. Mi diventa faticoso fare anche le cose più banali: preparare la cena, rifare i letti, la strada verso la scuola per andare a prendere il terzogenito mi sembra lunghissima, anche chiacchierare o telefonare a qualcuno che non sento da un po’ diventa un’impresa.
Dovrei essere felice, vitale come il primo giorno di vacanza, e invece mi sento uno straccio. Un po’ mi mancano le persone con cui condividere il caffè la mattina, le chiacchiere alla stampante… Sono passata da 40 mail al giorno a 2.
Poi ci si mette anche la neve e il freddo…
Credo che se non avessi una famiglia, me ne starei sotto il piumone digiunando per giorni. Con buona pace di tutti i progetti fatti per “quando chiuderò i libri”…
E come se dovessi rielaborare un evento, mi verrebbe da dire un lutto, ma in realtà in ambito editoriale la messa in stampa viene spesso paragonata a un parto: soffri, sudi, ti arrabbi, lavori di notte, il sabato, la domenica, abbandoni i panni da stirare al loro destino, i bambini si vestono ormai scegliendo direttamente dallo stendino perennemente presente in soggiorno, ti dimentichi appuntamenti, rimandi le visite di controllo, figuriamoci parrucchiere ed estetista… A ogni ostacolo, a ogni imprevisto, a ogni arrabbiatura ti ripeti che è l’ultima volta…
Poi metti quella benedetta sigla su delle cianografiche, passa qualche giorno, arrivano le prime copie staffetta, ti ripigli, e se ti propongono un nuovo progetto rischi anche di accettare, perché ormai il trauma del parto precedente lo hai già rielaborato e si ricomincia da capo… Un po’ (soprattutto) perché hai comunque bisogno di lavorare, un po’ perché in fondo in fondo sei un’ottimista, e speri che la prossima volta sarà meglio.
Va bè… magari domani tiro fuori la macchina da cucire e parto con qualche progetto che ho in testa da un po’… i panni da stirare possono aspettare….
ciao Anna, oggi ho deciso di prendermi un’ora con la piccola per fare a palle di neve! Però che bella la neve, anche in città, hanno ragione i bambini!!! Ti saluto e ti abbraccio. TiZ
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Brave! Sulla strada di casa, tornando da scuola, il terzogenito ha disegnato faccine che ridevano nella neve sui finestrini di tutte le macchine parcheggiate della via… Finalmente una via sorridente! Un abbraccio anche a te, e speriamo di rincontrarci prima o poi!
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