Ogni anno che c’è San Remo si riparla di Tenco. In realtà se ne parla anche quando c’è il Premio Tenco, ma di solito in quell’occasione i discorsi sono per pochi intenditori dei quali io non faccio sicuramente parte.
Non sono un’intenditrice di musica, appartengo alla massa “nazional popolare”. Non ho gusti raffinati, non ho artisti preferiti.
Comunque, ogni volta che si parla di Tenco mi sento inquieta. Sono convinta che citare Tenco sia molto spesso un tentativo malriuscito di sembrare intenditori colti di musica. Un voler apparire intelletual-snob, con il rischio spesso di non essere credibili. Soprattutto se di anni se ne hanno meno di 60.
Le canzoni di Tenco le conosco perché piacevano a mio padre: devo dire che in realtà conosco tutta la discografia degli anni sessanta perché mio padre lì si era fermato. I cantautori per lui erano Paoli, Tenco, Gaber e Jannacci e non quelli degli anni settanta che penso lui trovasse deprimenti. Figuriamoci la musica anni ottanta, che per lui, e devo dire non sempre a torto, era solo una cozzaglia di suoni… Qualche volta trovava anche qualche canzone contemporanea di suo gradimento, ma per vederlo felice il sottofondo doveva essere rigorosamente ’60s. E capivi che era felice perché anticipava le parole delle canzoni dando prova di conoscerle a memoria e facendo saltare letteralmente i nervi a me adolescente che già trovavo insopportabili quelle canzoni, figuriamoci con uno che anticipava versi e motivetti…
Ma sto divagando… Conosco la storia di Tenco ma non l’ho vissuta e non l’ho sicuramente capita. Le sue canzoni fanno parte del repertorio di mio padre e come tali non sono mai state mie. Come le canzoni di Paoli, Gaber e Jannacci: sono di mio padre, sono della sua generazione, e per quanto ne apprezzi molte, non fanno parte della mia storia. Le ascolto con lo stesso affetto con cui si guardano le foto dei propri genitori da giovani: qualcosa che appartiene a qualcuno legato visceralmente a te ma che però non appartiene a te.
Arriviamo al punto: a me Tenco non piace, non mi piace il personaggio e non mi piace la sua storia dannata. Aveva un talento pazzesco, una sensibilità fuori dal comune, e ha buttato via tutto. Qualunque sia stata la ragione del suo gesto, qualunque fossero i suoi demoni, mi dà fastidio il fatto che venga citato come modello. Eppure in “Preghiera in gennaio” dedicata a Tenco, De Andrè lo racconta così bene, immagine struggente, infelice e fragile come sono spesso i protagonisti delle canzoni di De Andrè. Chissà come è andata veramente, ma se mi devo basare sulla versione ufficiale allora la sua storia non mi piace. Non so se ho voglia di raccontarla ai miei figli…
Non mi piace la storia di Tenco perché totalmente priva di senso dell’umorismo, di leggerezza e speranza.
Okkei, vado con l’eresia: se devo scegliere, io preferisco la storia di Gianni Morandi. Lui che canta “Andavo a cento all’ora” e “Fatti mandare dalla mamma”. Lui che da simbolo della musica italiana si è ritrovato in una manciata di anni ad essere sinonimo di “vecchio”, ridicolo e superato, nonostante un tentativo di stare al passo con i tempi con “C’era un ragazzo”. Lui che si ritira dalle scene, studia musica e dopo una decina d’anni ci rimette la faccia e riconquista dignità e pubblico con “Uno su mille” e “Canzoni stonate”. Lui che è stato escluso per le stesse logiche di mercato che lo avevano portato all’apice del successo. Forse non aveva la sensibilità e l’intelligenza di Tenco, forse il non essere autore delle proprie canzoni lo ha salvato perché se canti te stesso, se la tua musica non è capita, sei tu a non essere capito. Ma credo che ad averlo salvato sia stata la capacità di non prendersi troppo sul serio e trovare il lato comico anche quando non si vede. Ecco, la sua storia ai miei figli potrei aver voglia di raccontarla, quando le cose si fanno difficili, quando una sconfitta brucia, quando hanno la sensazione di non farcela, quando pensano di non essere capiti. Perché essere sensibili è una buona cosa ma se serve per capire gli altri, per farsi carico delle sofferenze altrui. Ma per quel che riguarda se stessi meglio non prendersi troppo sul serio, mettercela sempre tutta per fare del proprio meglio, poi come la va, la va…
Me lo devo ricordare la prossima volta che ascolteranno “Fossi figo” dove il buon Gianni canta con Elio…
anche per me le canzoni di Tenco non fanno parte della mia storia, ne amo una “Lontano” sigla del premio Tenco di cui ho le canzoni di una edizione con Conte e Benigni che dichiarano di amare la zia e la moglie rispettivamente. Morandi mi piace meno, ma come te ne riconosco la sua enorme capacità di stare al passo dei tempi, guarda come sta spopolando su facebook, con risposte incredibili alle critiche (ad uno che gli diceva di stare zitto sugli immigrati ha risposto, infatti canto).
ma anche io amo i 60s forse per quello sguardo sul mondo, o forse per quel mondo su cui si posavano questi sguardi. chissà
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