Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case…

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Tanti anni fa, nel 1990, feci un campo con gli scout presso una casa famiglia che ospitava ragazzi disabili ed emarginati in genere. Era gestita da una coppia, marito e moglie, che avevano fatto propri gli insegnamenti di don Milani e proponevano per i loro bambini i principi della scuola popolare.

Non ricordo come arrivammo lì, non ricordo dove fosse, non ricordo i nomi dei padroni di casa ma ho il ricordo vivido della confusione mentale con cui tornai alla mia vita dopo quell’esperienza. I miei ricordi sono così confusi che non riesco ancora oggi, nonostante il senno del poi, a valutare se fu un’esperienza positiva o negativa.

In quella casa dalle porte sempre aperte, dove tutti erano i benvenuti purché fossero disposti a dare una mano e a mettersi in discussione, era presente il Vangelo e si leggeva il Manifesto. La padrona di casa aveva vissuto in Salvador e aveva vissuto sulla sua pelle la guerra civile. Nei giorni in cui noi eravamo ospiti c’era fermento in casa, perché alcuni loro amici italiani che si trovavano in Salvador per portare aiuti e sostegno, erano stati fermati dalla polizia salvadoregna e si trovavano in questura.

Una sera ci fu proposto la visione di un film: “La notte delle matite spezzate”.

Il film raccontava di un gruppo di diciassettenni argentini arrestati e fatti sparire per aver manifestato contro l’abolizione di una tessera che permetteva sconti sui libri e sui trasporti. Il film, basato sul racconto di un sopravvissuto, narrava tutte le atrocità subite dai desaparecidos argentini.

Finito il film, ci fu un acceso dibattito. I padroni di casa raccontarono la situazione del Salvador, allora in piena guerra civile, martoriato da violenze e uccisioni. A un certo punto si intuì che gli aiuti che venivano mandati in Salvador erano destinati all’opposizione e che non ci si chiedeva se i soldi inviati fossero destinati all’acquisto di libri per i bambini o per l’acquisto di armi.

Ricordo a quel punto lo sbottare scandalizzato di un prete che accompagnava un altro gruppo scout in quei giorni ospite con noi della casa, non appena si rese conto che in fondo anche con il suo lavoro e con la sua sola presenza lì, stava sostenendo una causa in un modo che non condivideva.

Ne nacque un acceso dibattito sulla scelta cristiana del perdono, dell’amore e del pacifismo contrapposto al dovere di difendere la propria libertà e di combattere assassini sadici e spietati.

La discussione fu ampia e appassionante ma con il passare degli anni non ricordo più cosa fu veramente detto e cosa invece avveniva nella mia testa perché ovviamente non partecipai attivamente: troppo ignorante, troppo giovane nonostante i miei vent’anni, troppo timida per avventurarmi in discussioni che si avvicinavano molto a concetti a me perlopiù sconosciuti come poteva essere la teologia della liberazione.

Ricordo però che mi tornò in mente l’incipit di “Se questo è un uomo” ( Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case…) quando la padrona di casa disse candidamente che è facile essere pacifisti quando non si è minacciati, quando non si vedono i propri figli sparire, quando non si vedono uomini e donne umiliati, torturati, uccisi per una frase o un’idea.

In questi giorni tremendi, dove a una manciata di chilometri da qui la gente muore sia se rimane dove è sia se prova a scappare perché lasciata morire in mare, noi continuiamo a vivere nelle nostre tiepide case, infastiditi dalla loro presenza. Noi non vogliamo che sia un nostro problema.

L’estate scorsa siamo stati in Normandia e abbiamo visitato il cimitero americano dei caduti in seguito allo sbarco che fu l’inizio della fine della seconda Guerra mondiale. Americano… Gli stessi americani che trent’anni dopo non si fecero scrupolo a sostenere le dittature sudamericane, nonostante i massacri, le violenze, i soprusi, i morti.

Bene e male, follia e ragione, amore e difesa, vita e morte, politica, religione, interessi economici…

La mezza età non mi ha portato saggezza e ringrazio il cielo per non dover essere io a decidere il da farsi. E rimango così nella mia tiepida casa, ma non sono sicura di stare bene…

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2 pensieri su “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case…

  1. Anna secondo me eri alla cascina “Ghiaia” a Berzano San Pietro (in Piemonte) da Lina e Livio. lei ha vissuto in Argentina con gli indigeni, a svolgere non mi ricordo più quali attività educative e poi ha trasformato la sua cascina in una casa di accoglienza per adolescenti. c’era anche la Scuola Popolare… andavamo anche noi spessissimo a fine anno ottanta/inizio novanta.

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