Succede che i miei figli scoprono una canzone di Elio e le storie tese, “Canzone del primo maggio”, in cui si cita una canzone di Finardi “Non è nel cuore”. E succede che mi viene voglia di riascoltarla.
L’avrò ascoltata miliardi di volte quando ero una giovinetta sgarzolina, ma solo adesso, riascoltandola dopo così tanti anni, l’ho capita, capita veramente.
Sono sposata da più di quindici anni con la stessa persona. Quindici anni nella stessa casa, quindici anni di colazioni, cene, tv, bollette, lavandini ingorgati, lenzuola da cambiare, auto da riparare, casa nuova da scegliere, casa vecchia da vendere, tapparelle che non scendono, divani nuovi, pattumiere da buttare, lavatrici da caricare, panni da stendere, vacanze da organizzare…
Essendoci sposati in chiesa, prima del nostro matrimonio abbiamo dovuto frequentare un corso fidanzati. C’era una “coppia guida” che avrebbe dovuto farci riflettere sulla nostra scelta e direi che nell’intento ci sono riusciti benissimo, perché capii esattamente cosa non avrei voluto diventare: una coppia un po’ bigotta dove lui parla e lei asserisce compiaciuta alle parole del marito. Non facevano che ripeterci che la nostra scelta sarebbe stata per tutta la vita instillando in me un senso d’angoscia.
Sono passati molti anni e con il senno di poi avrei voluto che mi avessero spiegato che ogni matrimonio o convivenza che sia è borderline perché è fatto da due persone che vivono, cambiano, invecchiano. Che non ci sono regole uguali per tutti perché le regole cambiano in continuazione, perché le persone coinvolte cambiano in continuazione. Che trovare la persona giusta è solo una questione di avere una gran botta di culo.
Non credo nei matrimoni “solidi” perché di solido la natura umana non ha nulla. È un po’ come una barca in mezzo al mare: se il mare è tranquillo fila tutto liscio, ma se arriva una tempesta con onde enormi, non è detto che si riesca a tenere la barca a galla. Ma se si rema dalla stessa parte, se si capisce al volo quello che c’è da fare e ci si riesce a coordinare, allora qualche probabilità di salvezza c’è. E l’essere in due diventa una fortuna.
Sono sposata da più di quindici anni, conosco le tempeste e conosco il sollievo di arrivare in un porto sicuro. E quel “per tutta la vita” comincia a sembrarmi troppo poco.
Quello che mi sfugge però è perché se si sanno aggiustare tapparelle, sgorgare lavandini, ristrutturare una casa, cambiare una gomma dell’auto e si ha una laurea in ingegneria, non si riesca ancora a capire come funzionano i programmi di una lavatrice…