L’invidia immobiliare

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Ho sempre sofferto di invidia immobiliare. Il che significa che ho sempre invidiato le case degli altri, quelle belle, luminose, con l’arredamento minimalista oppure con il disordine studiato stile catalogo ikea. Grandi, piccole, con terrazzo, in strette vie o nel mezzo del nulla.

Quando sono in giro per le strade di Milano, soprattutto la sera, mi piace sbirciare nelle finestre illuminate, immaginare soggiorni, corridoi, cucine, stanze da letto e la gente che ci vive dentro.

Mi sono sempre piaciute le case che raccontano qualcosa di chi ci abita, quelle con tanti libri, foto alle pareti, ma anche quelle super essenziali, con il particolare al posto giusto.

La mia invidia immobiliare è finita 5 anni fa, quando abbiamo cambiato casa. Non perché adesso io viva nella casa dei miei sogni… anzi… 5 anni fa ho dovuto scegliere una casa tenendo conto del nostro budget e delle esigenze e i desideri di una famiglia di 5 persone. E della casa dei miei sogni è rimasto poco. Ma la casa di adesso ha tutto quello di cui abbiamo bisogno: spazio, balconi, luce, bagni.

L’invidia immobiliare però è sparita. Un trasloco, i lavori di ristrutturazione, le complicazioni inaspettate della compravendita mi hanno così segnato, che adesso quando vedo un bell’appartamento in un palazzo d’epoca, una volta i miei preferiti, penso subito ai problemi con tubature, infiltrazioni, crepe, solette del soffitto e solette del pavimento. Le case di nuova costruzione mi sembra abbiano sempre i soffitti troppo bassi. Gli appartamenti grandi mi fanno pensare alla fatica di tenerli in ordine o a quanto deve costare pagare qualcuno per tenerli sempre impeccabili. Gli appartamenti piccoli mi danno claustrofobia anche quando sono luminosi e allegri.

Abito qui da 5 anni, eppure mi sento sempre ospite. Il resto della famiglia si è ambientato più che bene, la casa è grande, luminosa e grazie alla sapiente ristrutturazione ci stiamo comodamente tutti. Ormai i ragazzi hanno solo un ricordo confuso della vecchia casa. Eppure io questa casa non la amo. Me ne accorgo perché tenerla in ordine mi costa uno sforzo tremendo e perché non mi capita mai di pensare a un mobile nuovo che potrebbe starci bene. Non mi pongo più il problema se un arredo stia bene o no con il resto, ho smesso di discutere con il consorte cercando di spiegargli che esiste un’estetica oltre che una funzionalità: c’è bisogno di uno scaffale? Bene, si prende il primo che fa al caso nostro e chi se ne frega di come è fatto, di che colore è, di che materiale è. L’importante è che costi poco e che abbia le dimensioni giuste.

L’ordine poi ho capito che è un problema solo mio: gli esseri di questa casa si aggirano scavalcando serenamente gli zaini, le giacche buttate nell’ingresso e le scarpe mollate sempre davanti al mobile dove dovrebbero andare. Evidentemente lo sforzo di metterle dentro è proprio un’assurdità tutta mia.

E così ho smesso di raccogliere anche io.

Le ultime cose che ho scelto con attenzione e che ho acquistato perché mi piacevano sono state 6 sedie per il soggiorno. Il consorte non le ha mai sopportate e quando la vicina di sotto ha dato il meglio di se dicendo che noi di notte spostavamo i mobili, esasperata e senza pensarci su due volte, le ho regalate, tutte e sei. Adesso quando abbiamo gente a cena dobbiamo usare quelle della cucina. Ma tanto invitiamo poco: sebbene abbia ormai superato il trauma della vicina che origlia il minimo rumore proveniente da casa nostra, mi dà fastidio accogliere gente a casa quando c’è casino e così preferisco non avere nessuno piuttosto che mettere tutto a posto.

Però mi manca. Mi manca fantasticare su come migliorare la nostra casa. Mi manca passare le ore nei mercatini di mobili alla ricerca della cassettiera per la nostra camera. Negli ultimi tempi non mi diverte più perché mi rassegno subito: appena il consorte storce il naso davanti a una mia proposta, io mollo il colpo. Una volta ero più decisa e risoluta e il poveretto si rassegnava alle mie scelte anche se sono convinta che poi in fondo in fondo le condividesse.

Mi manca vedere la mia casa tutta bella in ordine e mostrare con orgoglio a qualche invitato la mia nuova creazione, la mia ultima scoperta.

Mi manca sentirla mia. I balconi sono proprietà del consorte: le sue piante, i suoi scaffali con i suoi attrezzi, i suoi strumenti da giardinaggio. Lui se li è scelti, lui se li è messi, lui li ha riordinati. Le camere sono dei ragazzi: guai a buttare via un gioco e poco importa se è un gioco da 3 ai 6 anni, guai a spostare un contenitore senza averne discusso con loro… La cucina e il soggiorno invece sono territorio di conquista: chi primo arriva meglio si sistema. Giocattoli, ferro da stiro, compiti, stendino, stoviglie, spesa da sistemare…

Mi rimane la mia stanza con il mio tavolo da lavoro, il mio computer e il mio letto. La mia cuccia. Qui passo la giornata tra lavoro e cazzeggio nel web. Ogni giorno vedo questo letto che si è rovinato con il trasloco e che da 5 anni aspetta una nuova copertura. Vedo le due cassettiere che non c’entrano nulla l’una con l’altra, eredità dello sgabuzzino della vecchia casa, sommerse di fogli e documenti che non ho mai voglia di mettere in ordine. Vedo la libreria proveniente dalla vecchia casa della suocera nata in origine come parte di un armadio lungo una parete e per questo ha le spalle in legno grezzo mai rifinito. Vedo la mensola che una volta troneggiava nel vecchio corridoio con vasi e soprammobili, ora  sommersa di bozze e libri.

Mi manca aprire la porta e pensare “finalmente a casa”. Mi manca l’amore per la mia casa. Eppure qualche segnale nelle stanze c’è: l’armadio in camera della dodicenne costruito quasi un secolo fa da mio nonno racconta ancora i miei pomeriggi a tappare ogni buco tarlato; le sedie recuperate in un vecchio capannone verniciate di verde in un divertente pomeriggio con il terzogenito; gli scaffali montati nella libreria del soggiorno progettati durante le pause di lavoro tanti anni fa.

Mi piacciono i mobili usati, mi piacciono perché mi piace immaginare la loro storia. Mi piacciono le case dove il proprietario ti racconta dove ha trovato quello, come ha costruito quell’altro, come ha scelto il tal colore…

Forse è giunto il momento di ricominciare a frequentare i magazzini di mobili usati alla ricerca della cassettiera dei miei sogni, riempire sacchi neri di cianfrusaglie che sono qui solo per prendere polvere, cercare un bravo tappezziere che mi sistemi il rivestimento del mio letto e trovare un imbianchino che per un prezzo ragionevole rinfreschi tutta la casa.

Il 21 marzo sta arrivando e forse è ora che mi prepari alle pulizie di primavera.

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