Il comune senso del pudore

sedia-paesana

Con il coro della scuola stanno imparando “Aggiungi un posto a tavola”. E così io, orgogliosa dei possederlo, tiro fuori il mio dvd: riprese fatte al teatro Sistina nel 1977 o giù di lì, lo stesso spettacolo che vidi io bambina alla Tv, in versione digitale ristampato per il Corriere qualche anno fa.

Tutti schierati davanti alla tv, ci guardiamo lo spettacolo, con un bel Jonny Dorelli versione giovanotto che canta compiaciuto.

“Aggiungi un posto a tavola” io l’ho visto da bambina e l’ho rivisto altre volte, ma certi “dettagli”, tipo la trama, non me li ricordavo proprio. Rivedendolo ora mi rendo conto che si parla di un prete e di una ragazzina innamorata di lui, con il prete che in fondo non disdegna, di un ragazzo impotente e direi intellettivamente svantaggiato di cui un intero paese si prende gioco, di una prostituta avanti negli anni che porta scompiglio tra uomini sposati e della contrarietà di Dio al celibato dei preti. È evidente che io da bambina avevo capito molto poco di tutti questi aspetti. Eppure quando lo vidi avevo accanto i miei genitori ma non li ricordo minimamente turbati dagli argomenti trattati eppure non erano certo dei progressisti frikkettoni, insomma… la domenica si andava tutti a messa.

Se ci penso bene, nel mio mangia-dischi di bambina girava senza problemi il 45 giri di Raffaella Carrà che cantava “Come è bello far l’amore da Trieste in giù”, che faceva gli auguri “a chi tanti amanti ha” e che aveva come morale che se qualcuno ti lascia “trovi un altro più bello che problemi non ha”.

Sempre in quegli anni i Pooh cantavano “Pierre”, Patty Pravo “Pensiero stupendo”, Viola Valentino “Comprami” e Renato Zero “Triangolo”.

Erano canzoni che andavano in tutte le radio, io da bambina le sapevo a memoria.

Eppure erano tutti sereni, era tutto normale, nessuno si scandalizzava veramente, perché a ben vedere non c’era niente da scandalizzarsi: erano solo canzonette…

Non so bene cosa sia successo poi. È arrivato forse il “Drive in” con la sua dose di ammiccamenti e malizia, le donne in tv sono diventate caricature di se stesse, le prostitute sono diventate escort e le comari del paesino di sant’Ilario hanno avuto la meglio su Bocca di Rosa diventando loro stesse prostitute ma continuando a guardare tutti dall’alto in basso e facendosi pagare bene.

Abbiamo cominciato a scandalizzarci per delle scemate lasciando che i veri scandali passassero inosservati.

L’ipocrisia è diventata più subdola: “gli stranieri sono un flagello per nostra società, ma la signora che lavora da noi è così carina, pulita e disponibile e poi la pago ben 8 euro all’ora, figurati che ha comprato anche una Fiat Tipo usata”; “Il matrimonio è per sempre, per cui non rompermi i coglioni mentre guardo la partita, e che male c’è se faccio il brillante e allungo un po’ le mani con la stagista, in fondo l’aiuto a farsi una posizione nel lavoro”; “I gay sono degli immorali e dovrebbero curarsi tutti, ma il mio parrucchiere è così bravo, come taglia capelli lui non c’è nessuno ed è così piacevole affidargli le mie confidenze, lui sì che mi capisce… ma se mio figlio continua a frequentare quell’effeminato del suo amico giuro che lo chiudo in casa”; “le ragazzine di oggi sono tutte puttanelle, lo dico sempre al mio bambino di stare attento”… E via così…

E mi viene da ridere quando sento persone anziane scandalizzarsi, loro, proprio loro che magari quando avevano la mia età, dopo aver messo a letto i bambini, guardavano “La bustarella” con Ettore Andenna su Antenna 3, dove sul proprio divano guardavano divertiti signore brianzole che non avevano problemi a rimanere in mutande davanti ai propri compaesani e a una telecamera…

Il comune senso del pudore oggi si scandalizza molto per quello che fanno o non fanno gli altri e molto poco per quello che ognuno fa o non fa. Il cinismo ha preso il posto della comprensione e dell’accoglienza.

Ma forse è sempre stato così… Prima c’erano i meridionali e i figli di separati, adesso gli stranieri e figli di coppie omosessuali…

Alla fine “Aggiungi un posto a tavola” l’abbiamo visto tutto. Una sagra di buoni sentimenti un po’ retorico ma che ogni tanto fa bene al cuore. E ho capito il bello di quello spettacolo: nessuno giudica nessuno, tutti sono “persone” con le proprie debolezze e le proprie virtù e a tavola c’è un posto per tutti. Anche Dio rinuncia a giudicare: alla fine dello spettacolo l’annunciato diluvio purificatore non ci sarà…

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