Leggo spesso in articoli dove si danno consigli a chi vuole aprire un blog, di non preoccuparsi di chi lo legge, ma concentrarsi su quello che si vuole dire.
Sì, è vero… Io però penso che se uno si mette a scrivere su internet, il luogo in assoluto meno “privato” che esista e il più democratico, perché tutti lo possono frequentare da protagonisti, è proprio per farsi leggere.
Nell’universo del web esistono centinaia di blog. C’è un mondo sconfinato, un universo di parole, di emozioni, di temi. C’è chi scrive per compiacersi, chi per cercare consensi, chi per fare amicizia, chi per sfogarsi ma credo che tutti scrivano perché ne hanno bisogno, un bisogno impellente, di quelli che se non lo fai poi scoppi.
In principio era il diario, ma aveva un grosso limite: non lo leggeva nessuno.
Anch’io da ragazzina ne ho avuto uno. Ci ho scritto di tutto. Il mio però credo che avesse un’assidua lettrice, mia madre, e un lettore saltuario, mio fratello. Comunque erano lettori poco significativi, perché la loro era una lettura clandestina e quindi erano costretti al silenzio per avere salva la vita e integra la reputazione, perché sì, insomma, non è una cosa bella leggere i diari altrui.
Il bello dei blog, invece, è che chi scrive lo fa proprio per essere letto, con la consapevolezza che chiunque può arrivare a cliccare sulla tua paginetta ed entrare nel tuo mondo, nella tua vita. E può anche commentare.
Ed è questo il motivo per cui bisogna stare molto attenti a quello che si scrive. Io ho fatto così: ho dato ai miei figli l’indirizzo del blog e ho dato loro il permesso di leggerlo. Questo mi costringe a pensare bene a quello che sto per scrivere, forse mi limita un po’, ma mi permette di contenere l’impulso di scrivere qualsiasi boiata mi passi per la testa. Diciamo che così ne scrivo una su due, va’…
La mia prima esperienza di scrittura virtuale fu in un sito nato a supporto della pubblicazione di un libro, “Confessioni di un’aspirante madre” di Lisa Corva.
All’epoca ignoravo ancora l’esistenza di Facebook, ma ero attratta dai blog dove le persone scrivevano liberamente. Capitai nel sito del libro per caso e scoprii che nel blog si poteva conversare con l’autrice, la quale moderava i commenti ma lasciava libertà di espressione a chiunque scrivesse. Ne era nata una piccola comunità di donne, perlopiù alla ricerca di una maternità, che si confrontavano con la frustrazione di non riuscire a iniziare una gravidanza o di non riuscire a portarla avanti. Si scambiavano anche informazioni sulle varie strutture e sulle varie tecniche di fecondazione, ma al centro delle conversazioni c’erano soprattutto i sentimenti, la vita quotidiana, le emozioni. Rimasi affascinata da queste donne che scrivevano benissimo, così diverse tra loro, eppure accumunate dall’esigenza di parlare con qualcuno che le capisse, che condividesse la loro sofferenza ma anche la loro voglia di scherzarci su, del sentirsi donne normali anche senza un pancione e un neonato in braccio. E così una sera presi coraggio e scrissi un commento. Ero titubante perché io di figli ne avevo già due ma conoscevo la frustrazione di quelle donne, ci ero passata anche se per poco e volevo in qualche modo aiutarle a fare la pace con le altre donne, quelle come me, che i figli li avevano. Venni accolta dall’autrice calorosamente e mi ritrovai presto a far parte di quella famiglia. Ricordo ancora l’emozione di vedere pubblicato sul sito il mio primo commento e la risposta affettuosa dell’autrice.
Fu un’esperienza per me importantissima, mi aiutò a superare i miei sensi di colpa nei confronti di chi i figli non riusciva ad averli e credo a rielaborare il piccolo lutto della primissima gravidanza che si interruppe sul nascere.
Quando poi scoprii di aspettare il terzogenito salutai con affetto, consapevole che il percorso con loro era per me concluso.
In molti blog ritrovo la stessa urgenza, che poi forse è anche la mia, di raccontarsi e di essere ascoltati. Sì, perché chi scrive un blog, è inutile fingere, lo fa per essere letto, altrimenti si affiderebbe al caro vecchio diario.
Ne esistono di bellissimi, seguiti da centinaia di followers e non per niente spesso gli autori di quelli più belli sono finiti in libreria con uno o più libri di quelli veri, quelli di carta e con la copertina.
Credo che scrivere e leggere sia un bel modo per capire e capirsi.
Leggere un buon libro ti eleva, ti arrichisce, ti fa viaggiare, ti rapisce.
Leggere un bel blog invece, ti fa sentire a casa, ti fa cogliere aspetti della quotidianità che ti sei perso, ti fa sorridere e ti consola. E ti regala un pezzo di vita di qualcun altro, un pezzetto alla volta, settimana dopo settimana.