La notizia è di ormai quasi due settimane fa, notizia quindi ormai vecchia, superata, masticata e digerita.
Arrivo in ritardo, non sono sul pezzo…
La notizia riguarda le due manifestazioni di Milano, la prima contro Expo degenerata in atti di vandalismo e la seconda quella dei milanesi che hanno espresso la volontà di ripulire. Dopo la prima manifestazione ho letto commenti di condanna agli atti vandalici, dopo la seconda ho letto solo entusiasmo per lo spirito di iniziativa dei milanesi. Poi è arrivata l’intervista al giovinotto sprovveduto, la foto della ragazza arrestata che fa la linguaccia, la notizia degli insulti dei poliziotti alla manifestante, la foto del poliziotto accerchiato, la discussione tra no-expo e i volontari spazzini. Qualche giorno ancora e ho letto critiche nei confronti dei milanesi spazzini accusati di interessarsi di più della pulizia della città piuttosto che dei soldi rubati, speculati, trafugati, sperperati per Expo.
Tutto questo l’ho letto sui giornali online, sui commenti della rete, dai miei contatti su Facebook. Ho letto tutto questo nell’arco di una decina di giorni. Dopo 10 giorni ho capito questo: i teppisti sono teppisti, le forze dell’ordine hanno fatto più o meno il loro lavoro che in teoria non dovrebbe essere quello di massacrare di botte i cittadini ma proteggerli anche quando manifestano e comunque sono riusciti a circoscrivere e tenere sotto controllo una situazione che avrebbe potuto degenerare in modo molto più grave, l’azione vandalica ha offuscato i veri motivi della manifestazione contro Expo, i milanesi che sono andati a pulire lo hanno fatto affinché non venisse sprecato il buono che expo ha portato a Milano e per esprimere una voglia di pulizia anche simbolica da tutta la corruzione, il malcostume, il cinismo e la violenza che ormai si stanno impossessando della città ma che non fanno parte della tradizione meneghina.
Mi ci è voluto qualche giorno per incassare, rielaborare, ragionare e pensare. E ormai tutto è passato, non se ne parla più.
Il giornalismo di oggi è velocissimo. I siti di informazione vengono aggiornati ogni 10 minuti ma proprio per questo il giornalismo che li tiene in vita è sempre più spesso approssimativo, scadente, sottopagato e sottovalutato. Tutti scrivono, tutti commentano, tutti dicono la loro. E quindi mai come oggi conoscere la verità è complicato. I giornali vivono di scoop ma troppo spesso ti imbatti in notizie improvvisate, video di youtube, foto fatte con il cellulare. Se ogni 10 minuti non hai la notizia va a finire che te la inventi, prendi un episodio da poco e ne fai un caso. E lo posti sulle pagine di Facebook del giornale e da qui comincia a girare, corredato da commenti scritti senza pensare, parole uscite sull’onda emotiva di un articolo scritto in 5 minuti senza poter essere verificato nemmeno da chi l’ha scritto, ma ricco di enfasi sugli aspetti più scabrosi, pazienza se non sono del tutto veri. Ma che diventano a loro volta notizia.
E via così, finché tutto il popolo si trova in piazza a urlare Barabba, a tendere una mano al cielo a palmo aperto o pugno chiuso.
Credo che manifestare sia un diritto sacrosanto di ogni democrazia. Io, però, in vita mia ho partecipato a pochissime manifestazioni perché prima devo capire, devo valutare e per farlo ci impiego un po’ di tempo perché sono tarda, perché voglio leggere, voglio capire, voglio la verità, ho paura di schierarmi dalla parte sbagliata, di prendere un abbaglio.
Le manifestazioni a cui ho partecipato sono poche e me le ricordo tutte:
– qualcuna del 25 aprile, perché 70 anni sono sufficienti anche per me per capire come sono andate le cose;
– quella dell’Agesci nel 1992 contro le mafie un mese dopo l’omicidio di Falcone e un mese prima dell’omicidio di Borsellino;
– quella di Milano a fine luglio 2001 dopo i fatti di Genova perché furono così tanti a chiamarmi scioccati per quello che avevano visto a Genova che non avevo bisogno dei telegiornali per capire come erano andate le cose;
– quella contro la riforma della scuola della Gelmini, secondo me il peccato originale di tutto quello che è avvenuto dopo e sta tutt’ora avvenendo nella scuola;
– quella per festeggiare l’elezione di Pisapia a Milano perché non ne potevo più di vedere Milano ridotta alla caricatura di se stessa dopo anni di Albertini e Moratti.
– la manifestazione del 2011 “Se non ora quando” perché stavo diventando dipendete dalla soap opera “Tra Arcore e via Olgettina” ma in cuor mio preferivo Brooke di Beautiful, perché anche se lei l’ha data via allegramente per soldi, almeno lo ha fatto con Ridge e altri stragnocchi. E soprattutto questi avevano in mano le sorti della Forrester, non dell’Italia.
Non mi sono mai pentita di nessuna, non mi vergogno di nessuna, di alcune sono addirittura orgogliosa.
Ammiro chi il giorno dopo un evento scende in piazza con la consapevolezza di quello che sta facendo, perché qualche volta succede qualcosa di così grave, di così eclatante che scendere in piazza è un dovere.
Io non l’ho mai fatto.
Perché prima voglio la verità, voglio sapere come sono andate le cose veramente, voglio tempo. Voglio leggere un giornale ed essere sicura che quello che c’è scritto è ciò che è successo veramente. Voglio sapere chi è quello che scrive, voglio essere sicura che è pagato abbastanza perché abbia il tempo di verificare le notizie, voglio essere sicura che non arrotondi con i soldi di qualcuno interessato a strumentalizzare l’opinione pubblica. Voglio potermi fidare.
La verità ha bisogno di tempo, pazienza, curiosità e menti libere.
Vorrei potermi fidare di quello che leggo, vorrei non essere diffidente, vorrei togliermi la sensazione di essere strumentalizzata, guidata, incanalata. Perché non sempre la verità sta nel mezzo e io ogni tanto vorrei schierarmi.
Lo so, ‘sta volta mi sono allungata troppo… più di 6000 battute… ma va bene così: forse per la questura sono le solite 1500…