Il fascino dello sport

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È un misto di modestia, incredulità, orgoglio, voglia di rivincita.

Quando tuo figlio fa un sport che comporta una certa di dose di agonismo il genitore medio si rincoglionisce. Basta assistere a una partita di calcio della squadra dell’oratorio per capire di cosa parlo, ma è un fenomeno che si manifesta anche per gli sport minori. Anzi, direi soprattutto per gli sport meno conosciuti. Perché per il calcio in Italia le cose sono chiare: mio figlio gioca benissimo, l’allenatore non capisce una mazza, gli avversari sono scorretti.

Per gli sport minori invece le cose si complicano. Nel 90 per cento dei casi i genitori non sanno assolutamente le regole del gioco e nel 50 per cento dei casi non conoscevano l’esistenza di quello sport finché il proprio pargolo è tornato a casa un giorno dall’ennesimo campus “raccattafiglichenonsodovemetterliquandolascuolaèchiusa” dicendoti “mamma, mi hanno fatto giocare a xxx e ho scoperto che è la mia vita”.

Quando ti succede questo la prima cosa che fai è ringraziare lo Spiro Santo che ha illuminato tuo figlio sulla via di Damasco mostrandogli che c’è di più oltre ai giochi elettronici e la tortura dei fratelli. Quindi ti fiondi su internet per scoprire dove, come e quando tuo figlio possa realizzarsi nello sport e nella vita.

Scopri un mondo e sulla scia dell’entusiasmo del sangue del tuo sangue ti lasci avvolgere dall’esaltazione: come ho fatto a vivere fino ad oggi senza sapere tutto questo? Dopo 3 ore di internet decidi che ne sai abbastanza e che puoi già consigliare tuo figlio sul da farsi. Trovata la società, espletate le incombenze burocratiche, cominci a seguire a distanza gli allenamenti. Chiedi come sono andati, se si è divertito e intanto cerchi di attivare i tuoi neuroni ancora efficienti per memorizzare nomi, tattiche, posizioni e via dicendo per non farti trovare impreparato e per rafforzare quel tuo atteggiamento da “esperto” che ti servirà poi il gran giorno, quello del primo incontro.

Che infatti arriva puntualmente.

La sera prima sei più agitato del tuo pargolo, ti rileggi indirizzi e orari tre volte per essere sicuro di aver capito tutto. E arriva il gran giorno.

Inizi timidamente un tiepido tifo, scrutando quelli che ti sembrano i genitori più navigati per carpire “come si fa”. Soprattutto cerchi di capire quando bisogna esultare e quando bisogna rimanere composti.

Quando hai le idee un po’ più chiare, cominci a osservare il tuo bambino. Rimani subito sbalordito dalla scioltezza con cui si approccia alla gara e scende in campo: già per questo vorresti che tutto il pubblico gli facesse la ola, perché dai, siamo sinceri, quando avevi la sua età il massimo del pubblico che avevi per le tue performance sportive era la signora del pianterreno che urlava dalla finestra che avrebbe chiamato i vigli se non la smettevi di sbattere la palla contro il suo muro.

Comunque, una volta iniziato l’incontro comincia la fase valutazione: cerchi di capire se tuo figlio è bravo o no, se è portato o meno, se ha qualche chance per le olimpiadi del 2024. Ed è qui che cominciano i problemi. Se percepisci che tuo figlio è bravo cominci quella fase di scherno modesto nei confronti di chi te lo fa notare. Sei sorpreso pure tu e biascichi un “Dici? Ma non saprei… forse è solo fortuna”, ma intanto non riesci a nascondere il tuo orgoglio e già ti vedi protagonista dello spot P&G sulle madri degli sportivi di successo. Se vedi al contrario che tuo figlio fa fatica, cominci a provare quell’istinto indefinito che da una parte ti spingerebbe a prenderlo e portarlo il più lontano possibile, dall’altro a prenderlo a schiaffi e urlargli di mettercela tutta, di fargli vedere di che pasta siamo fatti, di vendere cara la pelle.

In ogni caso passi le ore più in ansia di un futuro padre in sala parto. Ti scopri essere superstiziosa e ti ritrovi a rimanere nella stessa posizione nonostante gli arti siano ormai corpo morto a causa della mancanza di circolazione solo perché quando aveva fatto punto eri messo così.

Ma in un modo o nell’altro arrivi alla fine e tutto quello che vorresti fare è pastrugnarti il tuo piccolo eroe. Sali in macchina e non ce la fai, non resisti proprio e commetti il più grave errore: commenti l’incontro… Sia che sia finita bene sia che sia finita male stai pur certo che dirai la cosa sbagliata, il tuo commento sarà del tutto fuori luogo e farai la figura di quello che sei: una che non ci capisce una mazza…

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