Le parole non dette sono quelle non necessarie. Sono combattuta: quando è giusto parlare, dire le cose come stanno e quando invece è meglio stare in silenzio, evitare?
Credo che sia importante dirsi “ti amo”, “ti voglio bene”, eppure sono convinta che forse qualche volta non sia necessario se non addirittura dannoso.
Sono cresciuta in un famiglia in cui certe dimostrazioni di affetto non si usano e non sono mai state usate. Non l’ho mai detto i miei genitori e non l’ho mai detto a mio fratello.
Il dirlo mi metterebbe in imbarazzo, il sentirmelo dire mi metterebbe in imbarazzo. Lo sappiamo, punto. Non c’è bisogno di dirselo.
I miei figli invece qualche volta me lo dicono e mi fa piacere, un sacco piacere, eppure non è per me necessario; io lo so, e spero con tutto il cuore che loro lo sappiano.
Ogni tanto penso però che prima di morire mi piacerebbe incontrare le persone che sono state importanti nella mia vita ma con cui qualche discorso è rimasto in sospeso e potergli raccontare tutto, raccontare la mia versione e sentire la loro. Dire loro quanto bene gli ho voluto, quanto male mi hanno fatto, sentirmi dire quanto male ho fatto io a loro, quanto bene mi hanno voluto, perdonare, perdonarci. Eppure quando le incontro, quando le vedo, anche solo per caso, tutto rimane dentro di me, il discorso rimane leggero. Per certe cose ci vorrebbe una certa dose di alcol o la consapevolezza del tempo che sta per scadere, ma mi chiedo se anche in questo caso sarebbe necessario, se farebbe bene a entrambi. Il solo guardarci negli occhi non dice già tutto? Noi sappiamo in fondo che cosa è stato, giusto? O forse no, perché io in fondo conosco solo la mia versione e loro la loro?
Le soap opera ci hanno insegnato che le cose non dette creano dolore, fraintendimenti, incomprensioni e sul non detto ci hanno propinato serie interminabili di intrecci improbabili. La morale è sempre che quando la verità esce finalmente allo scoperto, tutto diventa chiaro, tutto è perdonato, tutto è superato ma se questa arriva troppo tardi c’è un dolore da rielaborare, delle lacrime da versare.
Io però penso che nella realtà c’è la vita che parla per noi. La fatica che abbiamo fatto per crescere, per perdonare noi stessi, per diventare grandi ci fa prendere le distanze da quello che siamo stati e probabilmente quello che vorremmo dire forse non vorrebbe essere ascoltato o forse quello che ci sentiremmo dire ci farebbe solo male perché arrivato fuori tempo massimo, quando ormai è troppo tardi. Certi cassetti sono stati chiusi, qualcuno a fatica, e forse è bene che così rimangano. Perché se apri un cassetto che sai essere incasinato, devi essere pronto a mettere in ordine, averne il tempo, la voglia e la possibilità. Perché se sei già incasinato rischi che il casino uscito dal cassetto prenda il sopravvento e ti scombussoli la vita.
La vita è fatta di bivii, alcune volte la direzione la scegliamo noi, altre volte la scelgono gli altri. Tornare indietro non si può anche se la curiosità di sapere come sarebbe andata lungo “l’altra strada” è fortissima.
Stamattina sono stata a un funerale: non ci posso fare nulla, i funerali mi fanno questo effetto…