Quest’estate in campeggio con noi c’era una ragazzina che per i compiti delle vacanze doveva leggere Furore di Steinbeck. Faceva abbastanza impressione vedere questa splendida tredicenne sull’amaca e in spiaggia leggere un libro del 1939 così grande e così impegnativo e ti veniva un po’ da pensare che forse la sua prof aveva esagerato.
Io non sono una forte lettrice, ma Furore l’ho amato un sacco. Avevo vent’anni quando lo lessi e mi travolse pagina dopo pagina.
In questi giorni, vedendo le ondate di migranti che non si fermano davanti a nulla e i tentativi goffi, spietati e contradditori di chi vorrebbe barricarsi nelle proprie terre sicure e ricche, mi tornano in mente alcuni passaggi di Furore, tra tutti il più celebre: “Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia.”
E penso che, in una scuola di Roma, una prof (che non conosco, che non so assolutamente se sia una pazza, un’incosciente, se insegna bene o male) abbia forse esagerato ma secondo me ha fatto bene. E che se dei ragazzini hanno ancora la voglia di leggere e qualcuno che gli insegni a farlo, forse, c’è ancora speranza.