A me i libri piacciono. Mi piacciono un sacco. Eppure io non sono una grande lettrice. Non lo sono mai stata.
Il mio amore per i libri è più simile a quello che può avere un calzolaio per le scarpe, che è molto differente da quello che può avere uno stilista raffinato.
A me piacciono le copertine rigide, lo spessore della carta, i font. Anche se si tratta di un romanzo tutto bianco e nero. Mi piace la colla che tiene insieme le varie segnature, mi piace leggere i colophon, i “finito di stampare”.
Quando andavo a scuola mi piaceva ricoprire i miei libri con carte improbabili, mi piaceva sottolineare con matite colorate rigorosamente con il righello e farmi schemini a bordo pagina, più come fattore estetico che come reale strumento di studio.
I libri, un po’ per caso un po’ per volontà, sono diventati il mio lavoro, e anche se quelli che seguo io sono poco prestigiosi nel comune sentire, sono contenta che il caso, la sorte, gli incontri, mi abbiano portato a specializzarmi nella redazione di questi benedetti libri, ovvero i libri delle elementari a prezzo ministeriale. Mi è capitato spesso di andare in vacanza con le bozze e ormai sono abituata a chi, vedendo quelle pagine apparentemente così semplici, colorate, con poco testo, si chiede dove sia la difficoltà del mio lavoro. Non sono pochi quelli che mi danno consigli, insomma, quelli che ci mettono il becco, ma a me non dispiace, anzi. Mi piace coinvolgere la spiaggia alla ricerca di parole che iniziano con la sillaba VU o a inventare esercizi divertenti per racconti di 10 righe.
L’editoria scolastica è un mondo a parte, con le sue regole e le sue professionalità ben definite. Il mondo dell’editoria per la scuola primaria, a sua volta, è ancora più piccolo, ancora più specializzato, con delle regole tutte sue. Ed è una piccola comunità. Ci si conosce più o meno tutti, almeno di nome e di fama.
Io non so dove porterà l’acquisizione di Rcs da parte di Mondadori, non so se sarà un bene o un male. Forse non cambierà nulla o forse cambierà tutto. Ora gli occhi dei media e dei giornali sono puntati sui grandi autori, sui grandi marchi, ma nella vendita ci sono anche loro, tutte quelle persone che si occupano della scolastica. Io conosco chi fa i libri di primaria sia da una parte sia dall’altra, e intendo chi li fa veramente. Chi leggendo un file di word è già in grado di immaginarsi una pagina con disegni e foto, chi fa girare le bozze, chi con la biro rossa segna quello che va e non va, chi guardando un disegno cerca di capire se è quello giusto per i bambini, per le insegnanti e per i genitori. Chi cerca di capire, ad ogni cambio di governo, dove i vari ministri dell’istruzione con le loro riforme vogliono andare a parare e come tradurre le loro indicazioni, spesso nebulose e astratte, in pagine utili alle insegnanti, rassicuranti e chiare. Chi si siede accanto agli autori e li segue passo passo per tradurre e concretizzare idee bellissime, anche se qualche volta strampalate, facendole proprie ma riconoscendo sempre a loro, agli autori, il merito e le royalty.
Ecco, io non so se “Mondazzoli” sarà un successo, ma mi si stringe un po’ il cuore a vedere il lavoro di queste persone ridotto a merce, da chi guarda il profitto e non conosce la fatica, la passione e spesso la sofferenza che sta dietro a questi libri. Perché l’editoria in questi ultimi vent’anni è stata vessata, defraudata, abbandonata e sfruttata da leggi di mercato che poco hanno a che fare con la cura, la ricerca, l’innovazione. E nonostante questo i libri che escono sono ancora belli, sono ancora fatti da chi ci crede, da chi trova soddisfazione nel vedere l’ultima bozza e dare l’ok alla stampa. Da chi impreca contro le versioni digitali dei testi ma nonostante questo ce la mette tutta per imparare nuovi linguaggi, nuovi metodi di lavoro, nuove tecnologie.
Ecco, io spero che chi dovrà gestire questa unione nei mesi futuri abbia rispetto di queste persone, del loro lavoro e della loro esperienza. Da entrambe le parti. Perché se lo meritano.