Sto cambiando. Me ne rendo conto ogni volta che vedo per strada una donna incinta. Una volta guardavo queste donne e avrei dato un braccio per poter essere come loro: quella pancia viva, il passo lento e sognante, lo sguardo sereno e aperto al futuro. Adesso se ne incrocio una per strada il primo sentimento è di “compassione”, nel senso letterale, cioè che soffro con lei. Penso alla fame che si alterna alla nausea, penso alla stitichezza, alle notti dai continui risvegli alla ricerca di una posizione compatibile con il sonno, penso al fiatone per ogni minima cosa, alla continua stanchezza, ai movimenti fatti lenti da un corpo appesantito da tutti i liquidi che improvvisamente scoprono la forza di gravità in virtù della quale trovano inconcepibile risalire dalle caviglie.
La stessa cosa mi succede quando vedo neonati in carrozzina o bambini sgambettanti in età prescolare. Sono splendidi ma io mi soffermo sempre di più sulle facce distrutte delle madri: l’occhiaia diminuisce in proporzione con l’aumentare dell’età dei figli. Le vedo in preda ad ansie che conosco bene, dilaniate tra il “si dovrebbe fare”, il “vorrei fare” e il “non ce la faccio”.
Ecco, io a tutte queste mamme vorrei rivelare un segreto: se vi si avvicina una qualsiasi donna che ha già figli grandi e vi sussurra all’orecchio “goditi tuo figlio ora che è l’età più bella” oppure se ne esce con “figli piccoli problemi piccoli, figli grandi problemi grandi”, ecco sappiate che queste donne hanno rimosso gran parte del loro passato, ne sono sicura.
Queste donne non si ricordano più la gioia profonda che hanno provato la prima volta che sono andate al supermercato e hanno tirato dritto davanti allo scaffale dei pannolini, o il gusto sadico con cui svegliano i figli adolescenti alle sette di mattina mettendo in atto una vendetta covata a lungo per i risvegli traumatici patiti all’urlo di “LATTE” alle 6 della domenica mattina. Queste donne vi stanno tacendo il senso di liberazione che produce la frase “vado a farmi una doccia” sebbene tutti i figli siano in casa, oppure “faccio una corsa al supermercato, non ammazzatevi”. Fino al tripudio di “vai al supermercato a comprarti il latte se vuoi fare colazione domani mattina”.
È vero, cominciano discussioni infinite, litigate furibonde, ma non sono peggio dell’avere un duenne in preda a una crisi isterica in mezzo alla strada perché vuole assolutamente le scarpe di Spiderman. È vero, vanno a letto più tardi la sera, ma non è un problema, visto che non ti impongono la visione di Peppa pig o della duecentesima replica di Biancaneve: tutti seduti sul divano si guarda XFactor o Pechino express, che alla fine, ammettilo, piacciono un sacco a te. In macchina puoi ascoltare le ultime novità discografiche con il risultato che ti senti giovane e non più in preda a una crisi di nervi all’ennesimo “il coccodrillo come fa”.
Tutto questo per dire una cosa: una volta le donne nascevano per fare le mamme, era scritto nel loro destino, non era una loro scelta, era inevitabile. Per cui c’erano mamme tremende e nessuno si scandalizzava, ma soprattutto nessuno si sentiva in colpa. Non si vedeva l’ora che i figli crescessero, che fossero in grado di aiutare la famiglia, che potessero essere mostrati con orgoglio come il frutto del proprio lavoro di genitori. Che spesso era svolto per mezzo di mazzate. Oggi invece diventare madri è sempre più considerato una scelta e quindi ci si aspetta che le neo-madri siano sempre perfette, amorevoli, pazienti. Hai voluto la biciletta? Zitta e muta, pedala e sii contenta. Poi però i figli crescono e oggi è socialmente tollerato che una madre si lamenti del figlio adolescente inquieto, che faccia ricadere su insegnanti scadenti, compagnie travianti e società malata le pecche dei figli. E quindi finalmente si possono smettere i panni della mamma bionica e ci si può lamentare dei propri figli, si può esprimere la propria frustrazione e la propria stanchezza. Della serie: si è vero il figlio l’ho voluto ma nessuno mi aveva detto che poteva uscire così, ma soprattutto non è colpa mia.
Io credo che ogni volta che sfiorerò un neonato e ne sentirò il profumo mi verrà sempre un po’ il magone, e continuerò a guardarmi la pancia dopo una doccia cercando di ricordare la sensazione che ho provato nel sentire un essere vivente che si muoveva dentro di me. Ma al contrario di quello che voleva insegnare certa retorica che sentivo da bambina, l’essere madre non è scritto nel destino di tutte le donne ma non è nemmeno una scelta: quante donne hanno avuto figli senza desiderarli, quante non li hanno avuti pur desiderandoli, quante li hanno avuti seguendo un puro istinto e quante hanno inseguito più l’idea astratta di avere un figlio che poco ha a che fare poi con il figlio in carne ed ossa che ti capita. La maternità è un privilegio tutto femminile, ma secondo me non è da intendersi solo nel senso letterale del termine. Si può essere madri in tanti modi. Ma soprattutto essere madre non è un super potere. È solo la possibilità di avere qualcuno che ti ama e ti odia con tutte le sue forze. E dai tredici anni in su, questo ai figli viene benissimo.