Ogni tanto ho bisogno di fermarmi e ricordarmi di essere felice.
Perché più gli anni passano e più il tempo corre veloce.
Perché più gli anni passano e più essere felici diventa una scelta.
Non ho più gli ormoni dalla mia che mi amplificano le emozioni e che mi fanno sentire viva, ma so bene che cosa significa sentirsi vivi, perché l‘ho vissuto. Solo che adesso non avviene più automaticamente.
Perché vivere al cento per cento costa fatica e dopo un po’ la stanchezza arriva e quello che mi esaltava fino a qualche tempo fa, adesso mi fa solo sorridere.
Tutto quel subbuglio ogni tanto mi manca, ma da qualche parte dentro di me c’è ancora. Solo che viene fuori spesso nel modo sbagliato, nel momento sbagliato, con le persone sbagliate.
Mi rendo conto che le cose che un tempo mi prendevano fin nel profondo adesso rimangono in superfice e mi arrabbio, perché vorrei che fosse tutto come allora. Però so bene che se mi fermo un attimo e se ci metto un po’ di impegno sono ancora lì, intense come sempre.
L’ansia per un nuovo progetto, l’attesa di qualcosa di desiderato per tanto tempo, il piacere di una risata, di una chiacchierata, di una canzone, di un dolce al cioccolato, di un maglione nuovo, di uno sguardo di approvazione.
Sono fortunata perché ho tre esseri in giro per casa che invece vivono tutto ancora visceralmente, con forza. E se anche il mio compito è quello di aiutarli a imparare a gestire tutto quel groviglio di emozioni che ogni tanto prende il sopravvento, penso che faccia bene anche a me avere a che fare con loro perché ogni tanto riescono a risvegliare quell’essere fatto solo di emozioni che è ancora dentro di me. E i tre che girano per casa mia sono bravissimi a ridestarlo.
Forse dovrei spiegarlo anche ai vicini: le urla che sentono non sono io, è lui.