La domanda

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“Mamma, ma secondo te, la te di vent’anni fa sarebbe stata orgogliosa di come sei adesso?”

Che domanda… Buttata lì, in macchina, tra uno stop e una svolta a sinistra.

Bò, penso di sì, ho risposto.

Ma mi è rimasta lì, quella domanda, sospesa tra una cena da preparare, una lavatrice da stendere, un attacco di ansia per la festa della scuola la cui preparazione quest’anno è più simile a un percorso di guerra piuttosto che alla solita corsa ad ostacoli degli scorsi anni.

E lì è rimasta di notte, quando mi sveglio pensando sia mattina e invece sono solo le 3.

Sarebbe stata orgogliosa?

Dove ero io vent’anni fa? A pensarci bene più che alla me di vent’anni fa, lo vorrei chiedere alla me di venticinque anni fa.

Si, perché vent’anni fa il mio orizzonte era sereno, le decisioni importanti le avevo già prese, i traguardi più agognati già raggiunti con la consapevolezza che non erano altro che bellissimi punti di partenza.

Ma la me di venticinque anni fa era ben diversa. Cinque anni, solo cinque anni di differenza, ma due mondi.

Tra le tante me, quella che ricordo con più affetto è proprio la me di venticinque anni fa.

Vagava nei chiostri di una università chiedendosi chi era e nei corridoi di alcune scuole elementari scalcagnate chiedendosi se insegnare era proprio la strada giusta. La voce che era dentro di me sapeva bene che bisognava cambiare rotta, ma il coraggio per farlo doveva ancora arrivare. Bisognava ammettere di essersi sbagliati.

La me di venticinque anni fa era convinta che quei benedetti tre esami di latino che la dividevano dalla laurea erano un ostacolo insormontabile.

La me di venticinque anni fa cominciava a pensare che sarebbe rimasta sola per tutta la vita, che le ciccatrici del cuore non si sarebbero mai più rimarginate, che nessun essere umano sulla Terra avrebbe mai potuto scegliere liberamente di condividere con lei la propria vita. A meno ché non fosse psichicamente disturbato, disperato, depresso o semplicemente sfigato.

La me di venticinque anni fa pensava che forse desiderare qualcosa con tutte le proprie forze portasse sfiga, che era meglio accontentarsi di quello che veniva, che era meglio non rischiare, era meglio scegliere la strada più semplice.

Però…

Però è la me di venticinque anni fa che una mattina si è alzata e ha pensato “ma andate tutti a fanculo”. Gli esami di latino? Vado lì a ogni appello finché non si stufano di vedermi. Insegnare? Se non potrò farlo per passione lo farò per convenienza: faccio più supplenze che posso e metto via un po’ soldi, così appena mi laureo mi cerco una casa piccolina, me l’arredo e ci vado a vivere per conto mio. Mi prenderò del tempo per capire cosa voglio dalla vita e cercherò un modo per ottenerlo. Nessuno mi vorrà? Pazienza, sto bene anche da sola. Anzi, io da sola ci sto benissimo.

Da quel momento tutto ha cominciato a girare per il verso giusto. All’ottava volta quel benedetto latino 1 è stato superato, è arrivato l’amore, la laurea, un bellissimo viaggio da sola per due mesi dall’altra parte del mondo, un lavoro malpagato ma che mi ha riempito la vita. E poi una casa, non solo per me, una famiglia, tre figli.

Ecco, quindi sì. Credo che la me di venticinque anni fa sarebbe orgogliosa della me di oggi. Anche se non sempre è simpatica, anche se qualche volta qualche cicatrice del cuore brucia ancora, anche se è ingrassata, anche se non sempre è una brava mamma, anche se il lavoro non è più appassionante come una volta, anche se la vita di coppia a lungo andare non è tutta rose e fiori come l’avevi immaginata, anche se l’ansia ogni tanto ha il sopravvento e gli attacchi di panico sono sempre in agguato, anche se il futuro adesso fa un po’ più paura, anche se…

E da sola arriva, la vera domanda: ma la me tra vent’anni sarà orgogliosa della me di oggi?

 

 

 

 

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Respira…

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Ma sì, va’… respira.

Inspira ed espira, inspira ed espira…

Lentamente.

Pensa a prati fioriti, montagne profumate, il rumore delle onde del mare.

Svuota la mente, sentiti leggera, inspira pensando di far entrare in te solo aria bianca e pulita e poi butta fuori i pensieri negativi come fossero in un flusso di aria nera sporca. Concentrati sul tuo ombelico, senti i polmoni riempirsi e poi svuotarsi, con un movimento purificatore.

Ascolta il tuo cuore che, seguendo il ritmo del respiro, rallenta e regolarizza il suo battito.

Immagina il sangue che viaggia nel tuo corpo distribuendo ossigeno a tutte le tue cellule e portando via scorie e impurità.

Fatto? Ti senti più leggera e rilassata? Senti la tua mente libera?

No?

Allora fai così: pensa a quando avevi quattordici anni, eri in piedi davanti a tutta la classe e a una prof che ti faceva delle domande di cui ignoravi le risposte, il tipo che ti piaceva si limonava una sgallettata insignificante, i brufoli ti massacravano la faccia, i tuoi genitori ti davano sui nervi qualsiasi cosa dicessero, le domeniche pomeriggio erano interminabili, gli ormoni ti squilibravano il cervello, le emozioni e la percezione di quello che ti succedeva intorno.

Ecco, adesso pensa che se sei sopravvissuta a quello, puoi sopravvivere anche all’ansia e a una giornata di merda.

 

 

Il gatto morto

Ed eccoci qui.

Un altro anno è passato e con ieri sono quattordici.

E adesso cambia tutto.

Tra poche settimane l’esame di terza media, lo scorso week end gli ultimi assalti del circuito under 14…

Per la legge italiana sei diventata grande: puoi viaggiare da sola e cominci ad essere tu la responsabile delle tue azioni.

Da adesso in poi dovrai sempre di più cavartela da sola. Affrontare le delusioni, conquistarti quello che desideri, credere nei tuoi sogni. Hai le spalle grosse e stai imparando a incassare e andare avanti.

Le difficoltà che si incontrano da bambini sono convinta siano un tesoro prezioso per il nostro futuro essere adulti, l’importante è trovare la strada per superarle.

E mentre scrivo questo mi viene in mente un episodio di qualche anno fa. Tornavamo da scuola e tu piangevi. Facevi la terza o la quarta elementare. Le tue compagne durante l’intervallo giocavano a mamma e papà. Tu avevi chiesto di poter giocare con loro ma la maggior parte di loro non ti voleva. Una tua compagna aveva interceduto per te e alla fine eri stata ammessa, a patto che tu facessi il gatto. Morto. Ricordo che singhiozzavi e mi dicevi “mamma, ma ti rendi conto? Volevano che io facessi il gatto morto!”

Io ti guardavo e non sapevo se ridere o piangere con te. Prendevo tempo alla ricerca delle parole giuste ma non mi venivano. In quell’istante avrei preso tutte quelle bambine e le avrei shekerate come un daiquiri ma allo stesso tempo non potevo non riconoscere loro una certa creatività oggettivamente esilarante.

Entrando nel cancello di casa abbiamo incontrato una vicina, mamma di una ragazzina della tua età. Vedendoti turbata ci ha chiesto che cosa fosse successo e con una bella faccia sorridente ti ha detto “tranquilla, a scuola le amicizie sono una ruota che gira: oggi a me, domani a te. Non prendertela e vedrai che tra poco ci riderai sopra”.

Quando penso al gatto morto mi viene ancora da ridere, a te forse un po’ meno, ma in quinta eravate tutte amiche e quando vi incontrate per strada adesso vi salutate ancora con affetto.

Ecco, il mio augurio per i tuoi quattordici anni è di imparare a trovare sempre il lato comico di tutto. Le parole feriscono, lo so. Ma per ogni colpo preso l’importante è capire come è stato dato e perché lo si è preso, per fare in modo di non prenderlo un’altra volta o almeno fare in modo di non farsi molto male.

Cammina sempre a testa alta, sorridi, tieni il cuore aperto, dì sempre quello che pensi e goditi la vita, le persone che incontrerai, i posti bellissimi che vedrai, i successi che otterrai.

La vita è bellissima e per te è appena iniziata. Vivitela tutta.

Auguri!

La tua mamma

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