Dai, confessatelo, non abbiate paura… quando avete letto della strage nel locale di Orlando una vocina in fondo in fondo a voi ha detto “ah, bè, erano gay”.
Quando poi avete visto le foto delle vittime, alcuni con quelle sopracciglia rifinite, la vocina si è fatta più rassicurante “tranquillo, non sono come te”. Ovviamente mi riferisco a noi, eterosessuali morigerati, timorosi di Dio e delle convenzioni sociali. E delle pinzette.
Perché è così: quando succede qualcosa di terribile la prima cosa che il nostro cervello fa è cercare le differenze, trovare tutti quei piccoli elementi che possano mettere distanza tra l’orrore e noi. Più elementi di distanza troviamo tra noi e le vittime, più l’orrore si affievolisce. Ecco perché Parigi ci ha così colpito, perché per locali il sabato sera ci andiamo quasi tutti, perché ai concerti ci andiamo quasi tutti. Poi però abbiamo pensato che quel gruppo americano in fondo non lo avevamo mai sentito, che Parigi in fondo non è Milano…
Forse è spirito di sopravvivenza, forse è stronzaggine, ma, siamo sinceri, lo facciamo tutti.
Quello che però io non giustifico è chi cavalca questo processo mentale, chi da voce, fiato, potenza e forza a quella vocina anziché ridurla e riconoscerla per quello che è: paura.
Succede anche ogni volta che si parla di rifugiati e immigrati: fa troppa paura riconoscerli esattamente come noi e così… via alle differenze: “quando eravamo noi a emigrare nessuno ci aiutava”, “son dei poveracci, ci rubano il lavoro, le donne”, “si fanno mantenere a nostre spese”, ” ci rubano le case”. E ci sarebbe da ridere almeno fino a che non capisci che chi lo asserisce è serio… E ci sarebbe da ridere anche di fronte ai dati più che verificati che attestano che oggi sono molto di più gli italiani che emigrano rispetto agli stranieri che arrivano e che i nostri cari emigranti vanno soprattutto in Paesi in cui possano beneficiare di strutture, assistenza, istruzione e sanità. E mi spiace dirvelo, se ne beneficiano non è sempre perché sono “bravi”. Vanno via per stare meglio, esattamente come quelli che arrivano. Anzi, chi va via è per conquistarsi un tenore di vita migliore, quelli che arrivano lo fanno per sopravvivere.
Povera Italia… Arroccata da sempre sul “noi e loro”, alla continua ricerca di quel benedetto “noi” che si definisce sempre in base a un “loro” per sentirsi forte. L’Italia del furbo, di quello che trova la scorciatoia, di quello che se ne frega degli altri, che pretende i suoi diritti e se fotte allegramente di quelli degli altri. Che se riesce a saltare qualcuno nella coda è orgoglioso, salvo poi insultare con veemenza chi gli rubato il posto in fila. Povera Italia… non ha ancora capito che più il “noi” è vasto, più è forte. E sì che Nemo che si libera dalla rete lo abbiamo visto tutti… Eppure, continuiamo a voler entrare nel cerchio del “noi” dei privilegiati, dei pochi eletti, di quelli che devono stare meglio di “loro” perché è un loro diritto.
Sto divagando, lo so. Perdonatemi, avete ragione voi. È successo ad Orlando, mica in Italia… Ma dove cavolo sta Orlando? Florida? La Florida è quella a sinistra della mappa degli Stati Uniti, giusto? Ah, no, quella è la California… È successo perché erano gay, non per colpa dei migranti. O forse sì: l’attentatore non era afgano? Ah, è nato in America, cresciuto in America, bè però i genitori erano afgani, no? E poi si sa, gli americani comprano le armi come fossero elettrodomestici… Sì, però se almeno uno di “quei gay, poverini”, avesse avuto una pistola, tutto questo non sarebbe successo, no? Eh, anche in Italia dovremmo poterci armare per difenderci. Eh sì, difenderci da “loro”. Metti che mi entrano in casa di notte e mi rubano tutto mentre dormo? Dovremmo poterci armare… Dovremmo poter comprare le armi come si comprano gli elettrodomestici. Gli americani sì che hanno capito tutto.
La strage di Orlando è terribile. È terribile che un ragazzo nato e cresciuto negli Stati Uniti arrivi a fare questo. È terribile che una propaganda di morte, una visione così abietta del valore della vita umana faccia così tanti proseliti in società e in Paesi liberi, dove in teoria ognuno ha il diritto di vivere in pace. O almeno soltanto di vivere. Chiunque egli sia.
Semplicemente vivere.
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