Un prato.
In montagna.
Una giornata di sole.
Cantare a squarciagola una canzone che ti entra nella pelle.
Ballare. Ballare senza vergogna. Ballare senza pensare. Ballare la musica. Liberi.
A piedi nudi.
Con gli occhi chiusi.
E poi urlare.
Con tutto il fiato che c’è.
Fin che ce né.
E poi correre.
Correre più veloce che si può.
Più lontano che si può.
E poi accasciarsi per terra. Sudati. Stanchi. Leggeri.
Ridere.
Ridere fin che fa male la pancia. Fin che scendono le lacrime.
Stappare una birra. Sentirla scendere nella gola, fredda e amara.
Sentirsi bellissimi.
Sentirsi sinceri. Senza barriere, senza difese.
Sentire di non voler essere in nessun altro posto se non lì. In quel momento.
Sentirsi guardati con desiderio.
Capire di piacere a chi ti piace. Capire di piacerti un sacco.
Vedere il cielo e poterlo toccare soltanto allungando la mano.
Sentirsi immortali. Senza domani. Ma in attesa della sera, in attesa di un fuoco, di voci sussurrate, di confidenze.
Secondo me il paradiso è così.