Un articolo di Forbes, in spagnolo, elenca i 10 motivi per cui conviene assumere uno scout. Un sito italiano, supercattolico, riporta la notizia con una traduzione sommaria e l’articolo comincia a diffondersi sul web. Repubblica, molto attenta a tutto ciò che può procurare click, riprende la notizia e traduce ulteriormente l’articolo originario.
Ora, io sono stata una di quelli che ha condiviso il link del primo sito nonostante il sito stesso, un po’ perché l’articolo mi è parso divertente, un po’ perché mi ci sono ritrovata e un po’ perché mi illudo di essere veramente così.
Quello che però Forbes non dice è cosa si prova, dopo essere stati assunti, quando i colleghi scoprono che tu sei (o sei stato) scout.
La gente “normale” spesso non ha la minima idea di chi siano e che cosa facciano gli scout, soprattutto quelli grandi, ma tutti hanno una loro opinione: i commenti fatti dai giudici di XFactor settimana scorsa al gruppo di ragazzi milanesi scout ne è solo un piccolo assaggio.
La domanda che manda in crisi qualsiasi scout è “ma cosa fate ai boy scout?”, perché la risposta è lunga, come solo può essere lungo spiegare qual è il senso della vita per te (che poi… diciamocelo una volta per tutte… “boy scout” non si può proprio sentire…)
Ti ritrovi a dover dare spiegazioni a chi ti guarda con quel mezzo sorriso di chi sai bene ti sta già prendendo per il culo e al quale sei consapevole non riuscirai mai a far cambiare idea nemmeno a mazzate sulla testa. Le idee sono confuse, annebbiate da stereotipi, luoghi comuni e profonda ignoranza. Questo perché tantissima gente è venuta a contatto con gli scout prima o poi nella propria vita, e poco importa se la propria esperienza è stata solo sporadica, casuale e lontana negli anni della propria infanzia. C’è chi li ha odiati mentre cantavano su un treno, chi li ha visti mentre affiancavano la protezione civile in qualche emergenza senza capirne il ruolo, chi li ha derisi per strada mentre camminavano in braghe corte anche con la neve, detestati quando hanno sostenuto una posizione clericale, giudicati quando si sono messi e hanno messo in discussione principi cattolici, biasimati quando li hanno incontrati su qualche sentiero di montagna con attrezzatture spartane.
Per quelli di sinistra gli scout sono dei fascisti in braghe corte (e qui tutti quelli che conoscono la storia dello scoutismo durante il fascismo hanno un tracollo di bile), per quelli di destra dei comunisti sovversivi (e qui il tracollo di bile ce l’hanno tutti quelli che conoscono il metodo scout).
Per chi non è cattolico l’Agesci, l’associazione scout cattolica, è sinonimo di CL (qui il tracollo ce l’hanno sia i ciellini sia quelli dell’Agesci), per chi è cattolico invece l’Agesci è una associazione sovversiva, una mina vagante all’interno delle parrocchie (e qui il tracollo di bile ce l’hanno i vari capi che fanno parte dei Consigli Pastorali).
Per i genitori benpensanti orgogliosi della propria discendenza, i gruppi scout sono un luogo sicuro frequentato solo da ragazzi per bene, per i genitori disperati l’ultima spiaggia prima di spedire la propria prole in comunità di recupero.
Per chi va in montagna con il Cai, degli sprovveduti; per chi è solito andare al mare, dei pazzi che vivono in tenda sui monti.
Per i sostenitori di Renzi un’associazione che garantisce la buona fede e l’onestà della formazione del presidente del consiglio (ovviamente tutta gente che non è mai stata scout), per i detrattori una setta massonica che ha posizionato il suo uomo su una poltrona di potere (e qui i veri massoni festeggiano nei i loro cappucci perché è evidente che la loro vera identità è al sicuro).
Quando ci sono le elezioni amministrative mi capita di riconoscere i nomi di gente che so per certo essere stata scout praticamene in tutte le liste di tutti gli schieramenti, da destra a sinistra passando per il centro, sempre che queste definizioni oggi abbiano ancora senso.
I dieci motivi per assumere uno scout sono bellissimi e forse un fondo di verità ce l’hanno anche. Sono convinta che lo scoutismo, soprattutto vissuto da adulti, sia un’ottima scuola di politica: nello scoutismo non esiste il pensiero unico ma l’unità di intenti e questo sviluppa inevitabilmente l’arte del compromesso, la passione per il dibattito e il confronto, la capacità di trovare soluzioni condivise, efficaci, economiche e semplici.
E forse è anche per questo che, rimanga tra noi, nei miei tanti anni passati in Agesci ho conosciuto un sacco di persone, e, lo confesso, io alcune non le assumerei mai…
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