Mia figlia mi detto che non legge più il mio blog perché ultimamente parlo troppo di politica. È vero?
La mia generazione aveva vent’anni quando ci fu mani pulite, è quella che ha cominciato a diffidare dei politici, ad addossare a loro la responsabilità di un paese corrotto e mafioso. La mia generazione è quella che ha creduto che la mafia potesse essere battuta e sconfitta attraverso l’impegno civile e il volontariato, schifando chi sedeva in parlamento. La mia generazione è quella che è andata a Saraievo, che ha visto crollare il muro di Berlino e la caduta del comunismo. La mia generazione è quella che ha assistito alle prime guerre nel golfo, senza capire quello che stava e che sarebbe successo. La mia generazione è l’ultima che è entrata nel mondo del lavoro pensando di poter beneficiare di privilegi che poi ha via via visto sparire, trovandosi a lavorare con chi di quei privilegi ha goduto a piene mani e poi con chi quei privilegi sa benissimo che non li vedrà mai, in quella posizione di limbo assurda dove non sai più se lottare con quelli che vogliono mantenere quei privilegi o con quelli che proprio a causa di quei privilegi si vede negato anche il minimo delle tutele. Quella che ha fatto manifestazioni sempre pacifiche e ordinate.
Ma la mia generazione è anche quella che è cresciuta guardando Drive in, quella che ha potuto godere del benessere che i propri genitori potevano garantirgli, siamo stati la prima generazione per cui era normale, e non un privilegio per pochi, poter andare all’Università, poter viaggiare, conoscere il mondo, se non direttamente, attraverso la TV prima e con Internet poi. Quelli della mia età sono stati i primi a fare l’Erasmus e gli ultimi a fare l’Università con il vecchio ordinamento, ad avere il voto di maturità in sessantesimi. Sono stata tra gli ultimi a laurearmi alla facoltà di Magistero, a diplomarmi all’istituto Magistrale, a poter insegnare senza che mi fosse richiesta una laurea.
La mia generazione di milanesi ha visto trasformarsi il razzismo verso i meridionali in razzismo verso gli stranieri.
Abbiamo giocato giornate intere per strada da soli, siamo andati a scuola senza essere accompagnati da nessuno, abbiano fatto la spesa in negozietti a gestione familiare dove anziché pagare ci bastava dire “paga la mamma”.
La mia generazione ha creduto di poter fare a meno della politica, l’ha snobbata, l’ha lasciata in mano a gente che era ben felice del nostro disinteresse, che ha continuato così a trattarci come “ragazzini”, che ha sfruttato e si è appropriato del nostro “volontariato” per farsi una reputazione.
Fino all’estate del 2001. Quando il nostro senso civico, il nostro volontariato è stato reputato “pericoloso” e ci è stata data “la lezione” di Genova. E lì abbiamo cominciato a intuire il potere della politica, quella delle poltrone.
Eppure con i nostri sani principi abbiamo continuato ad avere tutti in casa colf, baby sitter e badanti, simbolo di estremo lusso per le nostri madri, ma pagandole rigorosamente in nero. Abbiamo cominciato a vegliare sui nostri figli come tigri travestite da chiocce mentre giocano, mentre litigano, li accompagniamo a scuola, controlliamo i diari, facciamo le pulci alle loro insegnanti, forti delle nostre lauree e delle nostre conoscenze fondate su wikipedia. Siamo diventati saccenti, egoisti, avidi, accaniti difensori di quel piccolo benessere che abbiamo ereditato dai nostri genitori ma che giorno per giorno si erode e si scioglie come neve al sole.
Il buco che abbiamo lasciato è oggi più che mai evidente, ingrandito ogni giorno dalla violenza dei commenti su facebook e su twitter. E siamo noi, quelli della mia generazione, i più cattivi, i più accecati dalla rabbia, quelli che condividono notizie assurde, accuse infamanti e infondate. Quelli che non sanno più distinguere tra una brava persona e una serpe. Quelli che si accaniscono a cercare il marcio in chiunque ma capaci di difendere irrazionalmente anche degli inetti solo perché urlano che è tutto una merda.
Al referendum alla fine ho votato sì, non perché gli slogan di Renzi mi abbiano convinta, non perché abbia cominciato a pensare che non abbia commesso errori, ma perché ho cominciato a leggere quello che pubblicavano i sostenitori del no, mi sono letta tutti i post pubblicati dai tanti amici che votano 5 stelle. Li ho letti tutti. E quello che ho letto non mi è piaciuto per niente. E ho cominciato a capire il perché del sì.
La mia generazione ha commesso il grave errore di lasciare la politica agli arrabbiati e ai mediocri. Ha commesso il grave errore di minare quel rapporto di fiducia tra elettori ed eletti che è la base fondante della democrazia. Ha lasciato solo chi meritava fiducia, lasciandolo sbranare dalle urla della gente che ancora oggi urla Barabba.
Sì, scrivo di politica. Perché conosco chi ci crede, chi non urla, chi ogni giorno viene ricoperto di insulti e nonostante questo continua a fare politica senza guadagnarci nulla, chi non ha paura del confronto, chi non ha paura del compromesso necessario per fare una buona politica che tenga presente le opinioni di tutti. Che non ha paura di chi la pensa diversamente perché sa che è proprio grazie a questo che le cose possono migliorare, chi è capace di ascoltare, di ammettere i propri errori, prendersi le proprie responsabilità. Sarebbe troppo facile dire che ripongo fiducia nelle nuove generazioni perché credo che la gente della mia età abbia delle grosse responsabilità e non possa cavarsela così. Perché abbiamo capito che se vogliamo un futuro migliore per i nostri figli abbiamo il dovere di insegnare loro la bellezza della politica, del prendersi cura del bene comune di tutti e di ciascuno e che non è un vaffanculo che costruisce qualcosa di buono.