Madri

Eravamo lì, in attesa dell’uscita dei figli da scuola. E lei mi dice “a te non capita mai di desiderare di andar via?” “Sì mi capita, spesso.” “Sarà normale? Mi sento in colpa solo per averlo pensato, ma vorrei sparire, andare in un posto dove nessuno mi conosce, sola”.

Non so se è normale, ma sì, succede anche a me. Spesso.

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Quei due lì

Non è facile essere mio marito.

Lo so. Ho l’umore instabile, vivo con i miei fantasmi che vanno e vengono.

Sei entrato nella mia vita quando io ormai avevo deciso che sarei rimasta zitella. La prima volta che ti sei fatto avanti ti dissi “senti gioia, mi spiace, non è cosa…” E tu anziché rimanerci male, parvi sollevato. Ma come? Ti sto dando picche e a te non te ne frega niente? Ma sei rimasto lì. Aspettasti. Tranquillo e sereno, tu c’eri senza esserci. Aspettasti che io facessi pace con me stessa e quando fu il momento, tu c’eri.

Ed è ancora così.

Io ogni tanto sbarello, e tu rimani lì. Non ti spaventi. Aspetti che passi la burrasca e poi mi fai ridere.

Stiamo insieme da così tanti anni e non sempre è facile. Qualche volta fa bene uscire a farsi un giro, prendere aria. Giusto il tempo per ricordarsi perché stiamo insieme e tornare a casa con il gelato.

E ricordarsi chi eravamo: due ragazzetti impacciati a cui bastava guardarsi per togliersi il respiro.

È ancora così. Basta guardare bene: sotto la tua giacca, i miei chili di troppo, i capelli grigi (che però a te stanno bene), lo stress del lavoro, le preoccupazioni per i figli, il tuo carattere di merda e le mie crisi isteriche…

Nonostante le apparenze, siamo ancora quei due lì.

gio 1

Fine estate

Una festa per l’anniversario di matrimonio di cari amici. Un parco, un prato, gente simpatica che conosco poco, gente che non vedevo da molto e gente a cui voglio bene.

Un ultimo sprazzo d’estate, un sole ancora miracolosamente caldo prima del temporale che arriverà.

Le vacanze sono finite, siamo tornati a casa.

Ci sono le chiacchiere, il vino, i pettegolezzi, le ansie e le preoccupazioni raccontate scherzandoci su.

A volte basta poco per essere felici.

Confessione

Dopo una giornata un po’ pesante, uno si rilassa e cazzeggia nella rete cercando di leggere qualcosa di interessante. All’ennesimo articolo su cosa dovrebbero fare i genitori, su come bisognerebbe fare i genitori, su cosa dovrebbero mangiare i ragazzi, su come bisognerebbe educarli, nutrirli, sorreggerli, stimolarli, proteggerli, spronarli.. ecco, io mi arrendo.

I miei figli sono in regola con i vaccini. Anzi, ognuno di loro ne ha uno o due in più.

Hanno fatto tutti il nido, sono stati allattati senza particolare entusiasmo ognuno fino a quando io ho ritenuto giusto smettere. Giusto per me, intendo.

Vanno alla scuola statale.

Mangiano la carne, la Nutella e l’insalata in busta già lavata.

I più grandi hanno uno smartphone a testa, il più piccolo si cerca autonomamente i video sull’Ipad.

Ogni tanto mi mandano a quel paese, ogni tanto urlano, ogni tanto si menano, spesso si fanno i dispetti, molto spesso si dicono cattiverie senza pietà.

Non si rifanno il letto la mattina, raramente sparecchiano, ancora più raramente fanno da mangiare. Dicono di non saper usare la lavatrice, la lavastoviglie e il ferro da stiro. L’aspirapolvere invece lo sanno usare, ma non lo usano.

Non hanno ancora finito i compiti della vacanze. Quello dei tre che non li aveva, si è goduto le vacanze. Tutte. Per sua scelta, e non perché io creda che “vivere” sia sufficiente per ricordarsi le tabelline.

Non rispetto i loro tempi perché mi innervosisco prima.

Ecco, in poche parole, sono una madre di merda.

Lo so.

Pazienza.

Son ragazzi…

Ho due figli su tre adolescenti. La cosa è devastante e divertente allo stesso tempo. Però non è di questo che volglio parlare. Sono le quattro, ho finito le vite di candy crush ma il sonno non riesce a prendere il sopravvento. E così penso.

Io ogni giorno lavoro con le parole, parole italiane, per la precisione. Credo che l’italiano sia una bellissima lingua e forse il mio problema con l’inglese nasce proprio da questo: in italiano abbiamo un sacco di parole, con gradazioni e sfumature differenti. Parole che derivano per lo più dal latino e dal greco e che spesso si ritrovano simili in altre lingue ma per questo considerate dotte e difficili mentre per noi sono banalmente “normali”. Decliniamo i verbi, abbiamo maschile e femminile, tantissimi sinonimi che poi così sinonimi non sono. L’inglese invece è un’anima semplice, poco ragionamento e molti modi di dire, una lingua un po’ anarchica, ricca di eufemismi ed eccezioni.

Ecco, pur amando la lingua italiana, c’è una parola che io proprio trovo orrenda: è il termine “adolescenza”. Ma possibile che non ci fosse niente di meglio? Grazie a google tutti possono scoprire che deriva da dal latino adolescens, participio presente di adolescere, composto da ad, rafforzativo, e alere, nutrire. Quindi significa: colui che si sta nutrendo. Molto.

Bene… un fondo di verità forse c’è, visto che è risaputo che gli adolescenti hanno uno stomaco in grado di dissolvere anche una marmitta, ma siamo sinceri, la parola è orrenda. Adolescenza richiama alla mente parole come “putrescenza”, “escrescenza”, “convalescenza”, “escandescenza”, “incandescenza”.

Se poi andiamo sullo scientifico, l’adolescenza viene definita “pubertà”… Pubertà?!? Ma dai… ogni volta che la sento, mi viene in mente un pube peloso…

Hanno fatto bene gli inglesi a chiamarli teenager: da anime semplici quali sono, si sono fermati al numero di anni che hanno i soggetti in questione. Nome divertente, forse un po’ idiota, ma che da l’idea di giovane, nuovo. Insomma, in America, Inghilterra, Australia, Canada, SudAfrica, hanno i teenager, noi abbiamo gli adolescenti… i primi sembrano divertirsi, i nostri sembrano malati.

In alcune associazioni e negli oratori, per tentare di svecchiare ‘sto termine orrendo, li chiamano “ado”… ado?!? Sembra l’acronimo di un gruppo di auto aiuto…

È vero, sono posseduti dagli effetti devastanti degli ormoni, soffrono di sbalzi d’umore, acne, depressione, sindrome narcisistica. Posso passare dalla narcolessia all’iperattività in un nano secondo e possono crescere di 15 centimetri in un we. Pur avendo tutte le sinapsi che funzionano alla perfezione, qualche volta il loro cervello va in stand by. Possono essere crudeli e tremendamente cinici. Ma fanno molto ridere, hanno un forte senso della giustizia e dell’umorismo, se qualcosa gli interessa la imparano alla velocità della luce. Nella loro totale disarmonia sono armonici, incomprensibili e infondo spesso indifesi da loro stessi. Sono spesso bistrattati perché hanno la capacità di far saltare i nervi e la pazienza anche a un santo eppure ci siamo passati tutti. Forse è come il parto: si dimentica?

Comunque, per concludere, rendiamo loro giustizia, fatemi felice: non chiamiamoli più adolescenti, vi prego… semplicemente “ragazzi” potrebbe andare?