Musica ribelle

Ho ricominciato a ascoltare musica. Quella che piace a me. E non solo perché ho ricominciato a dormire con le cuffie per non sentire le TV dei vicini. In realtà non ho mai smesso di ascoltare musica, ma ultimamente era più che altro quella dei miei figli. Poi, complice un abbonamento gratuito per tre mesi, mi sono ritrovata ad avere accesso a tutta quella musica che non ricordavo più ma che mi ha parlato, consolato, angosciato, logorato, accarezzato in tanti anni. Ho ritrovato musiche e parole che sono andate a toccare corde che da tanto nessuno toccava. Associo un sacco di canzoni a persone, momenti, avvenimenti ben specifici della mia vita. Canzoni che mi parlavano e che avrò ascoltato milioni di volte. Immaginavo di cantarle io a qualcuno, o meglio, di dire quelle parole a qualcuno. Oppure desideravo con tutta me stessa che qualcuno me le dicesse. Mi sorprendevo di come certe canzoni dicessero esattamente quello che c’era dentro di me. E mi sentivo meno sola, meno incompresa nel mio ingarbuglio esistenziale. “Musica ribelle” di Finardi è la “mia” canzone dei 18 anni. In tutti i sensi. “Anna e Marco” di Dalla mi commuove ancora adesso ogni volta che la sento, perché io mi sentivo molto “Anna” anche se un “Marco” io non l’ho mai avuto veramente, ma mi sarebbe piaciuto moltissimo. Ho ritrovato Fossati, Guccini, Vasco, ma anche Ligabue, oltre, naturalmente, Niccoló Fabi, anche se lui è arrivato che ero già grandina e meno inquieta. Ci sono canzoni di Loy e Altomare che mi ricordano i bivacchi degli scout più belli, insieme a quelle di Bennato e, ovviamente, tutto Battisti.

Attraverso le canzoni sono diventata grande e la cosa bella è che non smettono di parlarmi. Me ne frego abbastanza che siano commerciali o no, non ho ambizioni di intenditrice. Ferro, Ermal Meta, Carmen Consoli, Mengoni, Elisa continuano a parlarmi. Ma con loro ci sono Ed Sheeran, Adele, Bruno Mars… perché la cosa fantastica è che adesso posso leggere testo e traduzione in un secondo. The Lumeneers, Image dragon, Green day sono arrivati a me attraverso i miei figli. Perché è un privilegio per noi madri attempate avere figli che ti spacciano musica: quando ne sentono una un po’ “depressa” o che pensano possa piacermi me la fanno ascoltare.

Già lo dissi… io ogni tanto vorrei la colonna sonora. Vorrei che qualcuno mi dedicasse una canzone, mi farebbe un enorme piacere sapere che qualche canzone ricorda me a qualcuno. L’unica volta che qualcuno mi parlò con le parole di una canzone lo fece con “quando finisce un amore” di Cocciante: io ricordo quella circostanza con affetto e un enorme senso di colpa, ma credo che chi fece ciò adesso ricordi quel momento con imbarazzo e forse non gradirà tanto che venga ricordato.

L’ingegnere non mi ha mai dedicato una canzone, ma tutte quelle cantate insieme a squarciagola in macchina con il portaocchiali come microfono, forse, valgono molto di più.

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