Il bello degli smartphone è che puoi scrivere note e appunti in qualsiasi momento. E io questo faccio quando qualcosa mi passa per il cervello. Molti li perdo, altri li cancello, ma stasera ho trovato per caso questo appunto fatto durante le vacanze di natale.
“Un tavolo, un pranzo natalizio, i soliti discorsi, ricordi d’infanzia che ormai sono ricordi anche per i miei figli. E lei che se ne esce con “tu con noi non hai mai giocato”. Eccoci, ci siamo… lo sapevo che sarebbe arrivato il giorno. Il giorno in cui non sarei stata io come al solito a rinfacciare a mia madre tutto quello che ha sbagliato con me, ma che mia figlia avrebbe rinfacciato a me quello che io ho sbagliato con lei.”
È vero, io ho sempre giocato pochissimo con i miei figli. Non mi è mai venuto bene. Insomma, io con i bambini non ci so fare… Ogni tanto ci provavo, ma mentre avevo in mano una mucca o trenino o un lego mi veniva sempre una voglia irrefrenabile di caricare una lavatrice o stendere il bucato, o rifare un letto. Ricordo ancora il sonno e le parole che si impastavano insieme mentre leggevo per l’ennesima volta lo stesso libro. Ho sempre amato i libri per bambini, ma come oggetto estetico, fatto di narrazione e illustrazioni. Quando ho dovuto usarli per il loro vero scopo li ho odiati con tutte le mie forze.
Io da bambina ho giocato un sacco da sola: all’epoca era escluso che i genitori giocassero con i figli. I due mondi erano ben separati e distinti: noi giù in cortile, loro su in casa. Insomma, tra tutte le cose che rinfaccio a mia madre non c’è certo il fatto che non abbia mai giocato con me… l’avrei trovato perlomeno strano e non ne ho mai sentito la mancanza.
Mah… forse sono una madre d’altri tempi, oppure lo spirito materno in me scarseggia… però c’è una cosa che ho sempre fatto e che mi manca: guardarli dormire. E non era solo la gioia della quiete conquistata, era proprio contemplazione e stupore. Stupore che quegli esseri li avessi fatti proprio io. Li guardavo e mi chiedevo come potesse essere legale, come potesse essere consentito a me di prendermi cura di esserini così piccoli e indifesi. Ogni volta che sono uscita dalla clinica per un attimo ho pensato che fossero dei pazzi a lasciare un fagottino così piccolo a una tipa inesperta e inadeguata come me. Ma sono passati gli anni, a tutto ci si abitua e alla fine me ne sono fatta una ragione: mi spiace ragazzi, questa è la madre che vi è capitata, in un modo o nell’altro sopravviverete.
Ma stasera, dopo aver urlato “andate a dormire” per l’ennesima volta, dopo un pomeriggio a ripetere “spegni la TV, spegni il computer, spegni il telefono, hai fatto tutto per domani?, fai la doccia, lavati le mani, i denti, metti in ordine il tavolo, metti via i biscotti, butta via le carte, rimetti il succo in frigo, finisci il risotto, mangia la verdura, non lanciare i vestiti, hai fatto la cartella?…” ecco, così come allora, trovo fantastico il momento in cui finalmente tutti e tre dormono.