Ogni tanto succede

Sto invecchiando. Non è una brutta cosa di per sé, è solo faticoso e doloroso, qualche volta.

Ho capito che niente è per sempre. Ma anche che tutto rimane. Ci entra nelle ossa, diventa parte di noi.

C’è stato un periodo della mia vita durante il quale immaginavo il paradiso come un enorme archivio dove fosse possibile trovare tutte le risposte, dai grandi misteri della storia ai pensieri più profondi delle persone che ci hanno accompagnato in vita, un’enorme possibilità di capire le nostre vite e quelle degli altri, un luogo dove solo la verità avesse spazio.

Poi, pian piano, ho cominciato a pensare che non volevo che il mio archivio fosse scoperto solo dopo l’arrivo delle persone in paradiso.

E così ho imparato a dire quello che penso. Ho provato il sollievo di dare voce ai miei pensieri e mi è piaciuto. Quest’estate mi è stato fatto notare che forse lo faccio anche troppo. Forse è vero. Ma vorrei chiarire che non lo faccio con tutti, lo faccio solo con chi mi interessa veramente, con chi credo valga la pena farlo, perché so che non fraintenderà, che capirà.

Ho cominciato a dire quello che mi passa per il cervello, quello che mi fa soffrire e quello che mi fa stare bene, a chiedere scusa e a dire quando mi sento offesa. Ho cominciato a dire alle persone a cui tengo che gli voglio bene. A stimare profondamente le persone che lo dicono con disinvoltura, perché ho capito quale gioia possa regalare il sentirsi dire che qualcuno ti vuole bene. Non mi riferisco alle persone della propria famiglia, con cui certe cose sono sempre scontate o complicate. Mi riferisco ad amici, o anche solo conoscenti, che però per qualche motivo ti sono state o ti sono vicine. Sono quelle persone che ti toccano il cuore, anche solo per un attimo, perché in quel momento capisci che hanno bisogno del tuo affetto o sono loro che capiscono che tu hai bisogno solo di un gesto di gentilezza.

Vorrei essere capace di vedere sempre le persone accanto a me, vederle veramente per capire quando hanno bisogno di me e quando invece vogliono essere lasciate in pace.

E ogni tanto vorrei che qualcuno vedesse me.

Ogni tanto succede.

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Vacanze finite

È stata un’estate strana, faticosa. La testa e il cuore sono rimasti a Milano, sperando in buone notizie che non sono arrivate.

Le notizie lette di fronte al mare riportavano continuamente in Italia.

Viaggiare in Croazia, fare un salto in Bosnia, vedere ancora dopo più di vent’anni i segni di una guerra che ti ha accompagnato nei telegiornali dei tuoi vent’anni, il ponte di Mostar. Ma contemporaneamente leggere del ponte di Genova, della follia di tenere persone segregate su una nave come ostaggi per ottenere qualcosa perché si è incapaci di fare politica, usare e umiliare gli ultimi per farsi forti, facendo solo la figura dei pirla. Sentire espressioni che sembrano citazioni dei film dell’istituto Luce di 80 anni fa e non poter credere che stia veramente accadendo tutto questo.

Lo squallore delle dichiarazioni di una propaganda che non si ferma ma che anzi, riprende vigore difronte a una tragedia immensa, l’incapacità del silenzio e del rispetto, del lavoro serio e intelligente, a Genova come a Catania.

Ci aspetta un autunno difficile, lo sai e ti fa paura. Ti sei scoperta circondata da gente cattiva, che schiuma rabbia e stronzaggine, incapace di pietà ed empatia. Ma allo stesso tempo vedere che c’è anche tanta gente che non ci sta, che a tutto c’è un limite e che il limite lo si sta superando. Perché chi semina vento di solito raccoglie tempesta.

Poi però arrivi a casa dopo 12 ore di macchina, un traghetto, due frontiere, un numero imprecisato di nubifragi, autogrill squallidi, code lunghe per poter fare pipì in cessi puzzolenti, un macdonald affollato… e lui ti guarda e dice “mamma, è stato un viaggio bellissimo”.

E tu quasi ti commuovi.

E sì, è stato un viaggio bellissimo.

Buona notte. Andrà tutto bene.

Questione di look

Siamo in vacanza con altre due famiglie di amici. Ogni famiglia è composta da due adulti e tre figli, quindi siamo in quindici, di cui nove minorenni. Siamo spesso per forza di cose rumorosi e ingombranti e così per ridere ogni tanto, con una battuta alquanto tristanzuola, ci definiamo un “oratorio”. Oggi eravamo in un bellissimo parco naturale croato, c’era tanta gente, e così a un certo punto, mi è scappato un “don, aspetta che arrivi tutto l’oratorio”. Non ho fatto molto caso a chi c’era intorno, se ci fossero italiani, insomma, era una battuta innocua…

Proseguiamo il nostro giro tra cascate e laghetti e arriviamo in un posto dove è possibile fare il bagno. Dal momento che io non so praticamente nuotare, sono pigra e non amo mettermi in costume, rimango in un praticello a fare da guardiana a zainetti e ciabatte mentre tutti si buttano nel fiume a nuotare circondati da varia umanità. Sono lì tranquilla che penso ai fatti miei, quando la mia attenzione viene attirata da un movimento di persone, così mi alzo e vado a vedere che succede: due ragazzi si stavano per tuffare dall’alto delle cascate. Insomma, non erano le cascate vittoria, ma il tuffo ha avuto il suo fascino. Dopo aver assistito al salto, mi giro e torno verso la mia postazione. Ed è li che la vedo. Mi sorride, avrà qualche anno più di me, ed è chiaramente italiana. Pensando che il suo sorriso si riferisca al tuffo, ricambio il sorriso e saluto. Lei attacca bottone: mi chiede di dove siamo e scopriamo di essere entrambe di Milano. Quindi se ne esce con : “che bel gruppo che siete: quando i miei figli erano piccoli anche loro andavano sempre in vacanza con l’oratorio “. Rimango un po’ perplessa, non capisco il nesso, ma spiego che siamo tre famiglie con tre figli ciascuna. La sua espressione muta leggermente e la conversazione finisce lì. Mi risiedo e, con calma, comincio a razionalizzare. Mi guardo. Ora, io già normalmente non è che sia esattamente la Ferragni, ma in vacanza proprio non mi pongo il problema dell’outfit. E così improvvisamente mi rendo conto di avere una gonna sotto il ginocchio azzurrina, dei sandali di cuoio ai piedi e un foulard blu in testa. A dir la verità indosso anche una canottiera di un bel verde, ma a differenza degli altri non mi sono messa in costume e sto guardando il cielo. Ora, io non so se la tipa abbia sentito la battuta dell’oratorio, ma guardando le foto della giornata ora ne ho la certezza: mi ha preso per una suora…

Agosto

È Agosto.

La partenza si avvicina, fa caldo, tu devi assolutamente finire un lavoro prima di partire. E sei stanca. Stanchissima. Il pensiero delle valige, cosa metterci dentro, della casa da chiudere, il frigo da svuotare, le ultime lavatrici da fare e tutto quello che va fatto prima di partire ti rende ancora più stanca e nervosa.

Ma lotti contro te stessa e ti metti al computer, anche se stamattina hai fatto gli esami del sangue, anche se ti hanno detto che la tiroide comincia a fare i capricci, anche se ti hanno spiegato che forse è per quello che sei sempre stanca, anche se il tuo medico, quello simpaticissimo, ti ha detto che non si può dare sempre la colpa alla tiroide, che la stanchezza, le gambe gonfie, la fatica a concentrarsi è tipico dell’età… Insomma, ti ha dato della vecchia con un sottinteso “è agosto e c’ho caldo, fatti ‘sti esami del sangue e ne riparliamo a settembre con il fresco”.

Nonostante tutti questi “anche se”, ti metti seduta e cerchi di concentrarti. E qui arriva il bello della vita del free lance.

– Mamma devo fare la doccia?

– Mamma, in bagno fa caldo, come faccio a fare la doccia?

– Mamma, che pantaloni mi metto?

– Mamma, metto i vestiti di ieri?

– Mamma, metto questi ma voglio portarli via, me li lavi stanotte?

– Mamma, che cosa stai facendo?

– Mamma, te lo trovo io il testo che non trovi.

– Mamma, mi ricordo un bel pezzo ma non lo trovo…

– Mamma, hai provato a cercare in questo libro, e in quello?

– Mamma, mi sono rotto le palle, arrangiati.

– Mamma, ma quando partiamo?

– Mamma, ma dove andiamo?

– Mamma, cosa devo portarmi?

– Mamma, devo fare i compiti?

– Mamma, non ho voglia di fare i compiti.

– Mamma, perché devo fare i compiti?

– Mamma, cosa stai facendo?

– Mamma, mi sono dimenticato di fare colazione.

E pensare che c’è stato un tempo che sognavo il giorno in cui qualcuno mi avrebbe chiamato “mamma”.

Li ho portati dalla nonna.

Le valigie la farò stanotte.

Buone vacanze.