Ogni tanto faccio pensieri strani, mi immagino cose.
Ieri sera nel dormiveglia, mentre cercavo di prendere sonno, ho avuto una visione.
Ero a un comizio della Lega. No, non quella di adesso, quella di Salvini… Sembrava più quella delle origini, quella di Bossi, del Roma ladrona, della Sicilia tutta mafia e di Napoli puzzona. Però eravamo ai giorni nostri. Direi forse nel futuro rispetto ad oggi.
La gente era furibonda. Tutti bresciani, vicentini, friulani…
Io ero con loro, e nelle mie vene scorreva più che mai il mio sangue lombardo-veneto.
Si contestava Salvini con molto trasporto. Probabilmente il reddito di cittadinanza e il decreto sicurezza erano già a regime.
La protesta era accesa. Salvini sul palco sudava nella sua felpa con scritto a caratteri cubitali “Napoli”.
Ad un certo punto è salito sul palco un allevatore del mantovano. Con il decreto sicurezza tutti i suoi lavoratori asiatici non avevano visto rinnovato il loro permesso di soggiorno e così se ne erano andati a lavorare in Germania. Aveva perciò cercato altra gente nei centri dell’impiego, ma questi erano tutti meridionali, nessuno disposto a trasferirsi al nord per una paga di poco superiore al reddito di cittadinanza per fare un lavoro di merda. Così si era visto costretto a mandare al macello più capi del previsto, ma era stato divorato economicamente dalle tasse perché non aveva più diritto alle sovvenzioni della comunità europea, tagliate drasticamente dopo lo scontro acceso con il governo italiano. Non avendo ancora compiuto 63 anni, non era rientrato nel gruppo che per tre anni era potuto andare in pensione con quota 100, e raccontava che doveva pagare la scuola privata ai figli perché la scuola statale del suo paese era crollata, le insegnanti da quel giorno erano in sciopero e i ragazzi erano a casa.
E così urlava, urlava. Denunciando un’infiltrazione camorristica senza precedenti nelle sue terre, che gestiva il lavoro nero dei clandestini, dei centri dell’impiego e delle commesse edilizie.
Salvini ascoltava e sudava nella sua felpa, ma sorrideva. Lo lasciò parlare e poi con calma prese il microfono e disse con perfetto accento napoletano: “Chi pecora se fa, ‘o lupo s’ ‘o magna. E comunque la colpa sta tutta al piddì”.
Mi sono addormentata di buon umore.