Tra fango e birra

Io adesso sono a Treviso, in un luogo fangoso pieno di bambini che si inseguono e si accartocciano tutti insieme, guardati da adulti che bevono birra e mangiano panini. Ogni tanto gente vestita d’arancione raccoglie qualche bambino dal prato con la barella, altri lasciano i campi zoppicando con buste del ghiaccio su nasi, ginocchia, labbra che sanguinano. E anche se, sorprendentemente, nessuno di loro pianga ma, al contrario, mostri con aria fiera le sue ferite, capisco perché all’ingresso sia stato allestito praticamente un ospedale da campo… Per fortuna la squadra del mio bambino, per la stragrande maggioranza composta da neofiti, mantiene il giusto distacco: al momento, in tre partite, ovviamente tutte perse, hanno fatto una sola meta che è stata però applaudita fragorosamente da noi genitori come neanche la finale dei mondiali dell’82.

E adesso, mentre mangio una panino alla porchetta, bevo una birra e spero in cuor mio che il mio bambino si tenga lontano da mischie e placcaggi, prendo lentamente coscienza che il rugby non fa per me…

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