Quando cinque anni fa decisi di aprire questo blog e di chiamarlo “Viaggi dal divano” mai avrei pensato che un giorno questo nome potesse acquisire un significato così potente. Quando, un paio di settimane fa, cominciai a capire che sarei rimasta in casa per molto tempo, il mio primo pensiero fu “scriverò un sacco”. E invece no, non è andata così. I viaggi dal divano non sono più una cosa divertente. Ci sono stati imposti dagli eventi, dal senso di responsabilità, dalla paura e dall’ansia. Il divano, da simbolo di riposo e ristoro, è diventato il simbolo claustrofobico della perdita della nostra libertà di muoverci, di viaggiare, di incontrare persone, di poterle toccare, abbracciare, baciare. Il mio divano non è più il mio divano.
Però mi sono ricordata di uno dei primi post di questo blog. È quello del 19 gennaio 2015. Me lo sono riletto e ho ripensato a quando lo scrissi, al perché ho iniziato a scrivere un blog. Ho iniziato perché non stavo bene, perché avevo bisogno di tirare fuori tutto quello che mi stava divorando dentro, avevo bisogno di mettere ordine ai miei pensieri, anche a quelli vecchi, vecchissimi, di rielaborare la mia vita per capirla meglio, per fare pace con me stessa e con le persone che avevo incontrato lungo la mia strada. Quel cammino è stato compiuto con successo e si è concluso.
Adesso forse ne deve iniziarne un altro, ma sono ancora all’incrocio che guardo la mappa cercando di capire quale sia il sentiero da prendere. A differenza di allora però so che ce la posso fare e mi sento fortissima. Sono giorni difficili e lo slogan “andrà tutto bene” che anche noi abbiamo appeso alla finestra, so che non varrà per tutti. E tutti i miei pensieri vanno a tutte quelle persone a cui non sta andando tutto bene, perché sono tante, tantissime. Probabilmente a loro non va di scherzare, non va di cantare, accendere luci, fare applausi. Ed è pensando a loro che non riesco a essere leggera, anche se sono consapevole che scherzare e sdrammatizzare fa bene a tutti.
Insomma, non so cosa scriverò, quando scriverò. Probabilmente sarà più facile raccontare dopo, oppure diventerà una necessità stanotte. Non lo so.
Per ora volevo solo dirvi che ci sono e vi abbraccio tutti. Ci vedremo sotto l’ombrellone, ci guarderemo in faccia, ci vorremo più bene e ci racconteremo questi giorni assurdi ridendo e commuovendoci. Io non vedo l’ora.