Oggi la situa era questa: affollato ma dignitoso. Poi sono arrivati loro: due ombrelloni algida, una borsa frigo anni novanta, un accento campano, un materassino viola, una macchina fotografica e sette giovani esseri umani. Hanno sistemato più o meno ombrelloni e asciugamani, hanno discusso per i panini, hanno condiviso il materassino viola, si sono fatti le foto. Andavano e venivano dai bagni in mare. Sette ragazzi tutti diversi fisicamente: uno grosso, uno magrolino, uno chiaro chiaro, l’altro scuro scuro, uno bassino, uno con i capelli rossi, uno con la macchina fotografica al collo. Avessi compreso tutto quello che dicevano, sarebbe stato più divertente. E avrei saputo di più sulle loro vite. Non c’erano ragazze con loro: età stupida quella in cui l’apparenza, la sicurezza di se e il rientrare in certo canoni apre più facilmente i cuori del gentil sesso. Alla fine mi sono pentita di averli guardati malissimo al loro arrivo, quando mi sono resa conto che si stavano accampando proprio intorno alla nostra postazione e un po’ troppo vicino secondo il mio concetto di “spazio vitale”. Loro però non hanno fatto una piega: troppo presi dal godersi il mare, forse non si sono nemmeno accorti della mia presenza. Non hanno mai alzato la voce, non sono mai stati molesti. Avevano un non so che di malinconico, che cozzava con gli altri bagnanti, in gran parte coppiette sbaciucchiose abbronzate e tatuate. Quando siamo andati via loro erano ancora la. Quello chiaro chiaro stava all’ombra perché nel frattempo era diventato rosso rosso. Spero abbiano una vita felice.
