Mentre bevo il vino che ci hanno regalato, guardo le stelle. Se non ci fosse un bel albero di pere davanti a me, laggiù in fondo, tra le colline, potrei vedere il mare. Domani riprenderemo il nostro viaggio verso sud. Un viaggio strano, fatto di controlli della temperatura prima di entrare al museo, prima di entrare in pizzeria, di igienizzanti distribuiti un po’ ovunque, di mascherine indossate e tolte frequentemente, di continuo calcolo mentale delle distanze “sarò troppo vicina” “qui c’è troppa gente?” “Ci spostiamo più in là?” “I tavoli della pizzeria sono abbastanza distanti?”
Che estate strana. In questo paesino sperduto un bambino piange e fa i capricci, la madre urla più forte di lui. Io non riesco a dormire. Domani ripartiamo. I ragazzi viaggiano con noi ma continuano a ripeterci che questa è l’ultima volta. È un continuo “ma l’anno prossimo…” Intanto però siamo qui. Quando abbiamo capito che forse non era il caso di andare all’estero, ci siamo detti: andiamo a vedere posti in Italia che non abbiamo mai visto. O quest’anno o mai più. E siamo partiti puntando verso sud. Le spiagge sono affollate di gente che forse come noi ha rinunciato alla Grecia. O forse queste spiagge sono sempre così. I musei e i luoghi di interesse artistico invece sono più che vivibili e sono bellissimi, con poche code nonostante gli ingressi scaglionati.
O forse sono sempre così.
Domani riprendiamo il viaggio. Con un occhio a quello che sta succedendo, con la consapevolezza che se butta male si gira la macchina e si torna a casa, cerchiamo di goderci le nostre brevi vacanze. Perché sarà un inverno lungo.
Ma l’anno prossimo…