
Praticamente è andata così. Mesi fa abbiamo prenotato una nave per la Sicilia. Eravamo ottimisti, i contagi sarebbero scesi, la Sicilia sembrava un luogo sicuro, ad agosto sarebbe stato tutto a posto. Invece non è andata esattamente così, ma, seppur con qualche perplessità, alla fine la nave l’abbiamo preso lo stesso. 24 ore di nave, praticamente due giorni di viaggio e arriviamo a Palermo. Primo giorno di vacanza giro per Palermo. Quindi ci spostiamo a Custonaci. Secondo giorno a San Teodoro, vicino a Marsala. Posto pieno di gente, noi in pochi centimetri di spiaggia addossati a un muretto perché per accedere alla spiaggia oltre il muretto un simpatico personaggio del luogo con un gilet catarifrangente vietava il passaggio in nome di una “proprietà privata” non ben definita. Qualcuno passava, qualcuno no. Noi no. Così ce ne siamo stati sul moretto indietreggiando man mano che la marea saliva. Però il paesaggio era suggestivo: una distesa di acqua bassa che potevi attraversare con l’acqua sempre al massimo ad altezza ginocchio. Terzo giorno andiamo nella riserva naturale Monte Cofano. Mare bellissimo, ma scogli appuntiti. Troviamo però una caletta bellissima, per scendere bisogna fare un po’ di free climbing ma ci riusciamo. Faccio un bagnetto, mi sistemo sulla mia seggiolina, leggo un po’. I ragazzi riescono a calare la canoa e si fanno un giretto. Tornano, mangiamo e giunge il momento di issare la canoa su per gli scogli, fuori dalla caletta. Do anche il mio inutile contributo, fingendomi agile e piena di forza. Alla fine la canoa giunge in vetta e io faccio per tornare alla mia seggiolina. Ormai sentendomi parte della natura, donna di mare e di scoglio, accenno un saltello per scendere dal grosso masso su cui ero e… il mio ginocchio non ce la fa a reggermi l’illusione e cede miseramente, ricordandomi che sono una donna di città, sulla cinquantina e un po’ sovrappeso.
Quando sono riuscita a ricominciare a respirare e mi è tornata la vista ero seduta su uno scoglio incapace di muoverlo ‘sto benedetto ginocchio.
Ho ripreso fiato, mi sono trascinata alla mia seggiolina e guardando il mare ho avuto la certezza che quella sarebbe stata l’ultima spiaggia siciliana per quest’estate.
Piangendo e imprecando come uno scaricatore di porto, non so bene come sono riuscita ad uscire dalla caletta. Il consorte mi ha riportato a casa ed è andato a comprarmi le stampelle.
Dopo un consulto con amici medici e non, un giro in internet su siti di fisioterapisti più o meno folcloristici, decido di non andare al pronto soccorso: siamo in una zona con molti comuni con un altissimo numero di casi covid e non mi sembra il caso di intasare il pronto soccorso con il mio ginocchio.
Così il quarto giorno lo passo a letto con il ghiaccio e mi imbottisco di oki.
Il quinto giorno cambiamo casa, come era già previsto, e ci spostiamo a Sciacca. Passiamo dal Belice, vediamo il Cretto di Burri e rimango affascinata. La casa che ci accoglie è bellissima e so che sarà lei lo sfondo del resto delle mie vacanze.
I due giorni seguenti li passo da matrona: mi sposto solo tra la cucina e la mia stanza, ma dalla porta vedo in lontananza il mare, i fichi d’india e in fondo sono felice. Poi oggi il programma prevedeva la valle dei templi e mi scocciava perdermi anche questo. Così smanettiamo e riusciamo a prenotare una sedia a rotelle fornito dal sito. Quindi si va!
Arriviamo e scopriamo che la sedia è rotta. Ci dicono però che possiamo entrare in macchina. E così eccomi qui: nella valle dei templi di Agrigento, in furgone. La gente è tanta e ci guarda male. È un po’ imbarazzante così sposto le stampelle in bella vista. Peccato non aver avuto la sedia a rotelle, perché tutto il percorso poi mi hanno detto era super accessibile per le carrozzine, ma va bene così.
Adesso mi rimangono alcuni giorni di vacanza. Sto prendendo appuntamenti medici per il mio rientro, il mio ginocchio di sera assomiglia a una melanzana, il male va e viene ma ho una certezza: la Sicilia è bellissima e mi toccherà tornarci.
(Nella foto la caletta dove ho lasciato il mio ginocchio)