Di cose scoperte e di camomilla

Cose che ho scoperto nelle ultime settimane. In ogni nucleo familiare almeno una persona si è rotta il menisco o il crociato. Metà convivono con questo, metà sono stati operati. Chi è stato operato si è ripreso velocemente. Oppure non ricorda. Mi sembra di capire che sia un po’ come il parto: si dimentica. Però alla fine ho capito che l’unità di misura sono i mesi e non le settimane.

Alcuni dopo hanno abbandonato l’attività sportiva, altri l’hanno scoperta, soprattutto il nuoto e la bicicletta. Alcuni dopo anni sono dovuti ritornare dal chirurgo, altri convivono con ginocchiere e ceri accesi.

Tutti vanno fieri delle proprie lesioni. Ho scoperto che è qualcosa di cui non ci si vergogna, anzi, lo si sbandiera con abbastanza orgoglio e anche io, come potete constatare, mi sono adeguata al trend. Diciamo che fa un po’ figo.

Nessuno invece ti parla volentieri delle iniezioni di eparina ma poi scopri che tutti quelli che sono stati operati le hanno fatte. Quelle fanno meno figo. In pochi ti confessano i lividi che ogni tanto vengono. E l’impressione che fa bucarsi da soli la propria pancia.

Ecco, la mia pancia. Per la prima volta ringrazio il cielo di averla una pancia. E mi chiedo come facciano i magri. Cioè, se io avessi dovuto farle a vent’anni sarebbe stato un problema. E invece adesso eccola lì, bella, tonda, morbida morbida, che sembra fatta apposta per ficcarci dentro l’aghetto. Peccato che poi bruci un sacco.

Nei prossimi giorni mi toglieranno i punti e mi dovrò rimettere in piedi. Mi chiedo come sarà camminare senza stampelle. Per ora azzardo piccoli passi liberi in cucina appoggiandomi qua e là. Ogni volta che lo faccio sento un piccolo brivido: “reggerà?”

Intanto stasera le stampelle le ho dovute cedere. Dopo cena il terzo ha pensato bene di rompersi il mignolo del piede. Mentre scrivo mi è arrivato il messaggio dal consorte che lo ha portato al pronto soccorso. La lastra ha confermato quello che si era capito subito, vista la posizione innaturale che quel povero dito aveva assunto: il dito è rotto e ora glielo stanno raddrizzando. Il mio “bambino”, così maldestro e sconclusionato nei sui tredici anni racchiusi in un metro e ottanta di pazzia.

Va be, per ora di dormire non se ne parla. Aspetterò il ritorno dei due e poi ci faremo una camomilla.

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Destra o sinistra?

Questa cosa di Pio e Amedeo contro i Ferragnez mi sta mandando fuori di testa. Un po’ come i pro vax e i novax, non si capisce più un cazzo. Bisognerebbe rievocare Gaber con un seduta spiritica e chiedere a lui: ma adesso, che cosa è di destra? E che cosa è di sinistra?

Pio e Amedeo si dipingono come voce del popolo, portavoce della gente. Oggi, fare questo, è di destra o di sinistra?

Pio e Amedeo sono stati lanciati e sostenuti da Maria Defilippi, sempre e incondizionatamente. Cioè, Pio e Amedeo piacciono a Maria, la fanno ridere. Ora, sappiamo bene che Maria cela sotto la sua aurea di signora della televisione italiana un’anima tamarra e trash ed è per questo che la si ama. Un po’ come succedeva per Raffaella Carrà, una tamarraggine molto intelligente che arriva alla gente, soprattutto quella chiamata “popolo”, quella più umile che ogni giorno fa più fatica, ma che da Maria oggi, e da Raffaella ieri, si sente capita e compresa. Maria è di destra o si sinistra?

Poi ci sono i Ferragnez, più tamarri, e forse meno intelligenti, o meno furbi perché convinti di esserlo, sono altrettanto amati (anche se forse in modo meno unanime) perché si mostrano per quello che sono e ti fanno pensare che nonostante tutti soldi e la vita nel lusso che conducono, in fondo non sono altro che due come te che hanno avuto il solo grande pregio di mettere a frutto i propri talenti, per quanto limitati fossero, e di imparare velocemente dai propri errori. Infatti, se nella storia dei Ferragnez c’è un prima e dopo non è stato il matrimonio ma la festa nel supermercato: uno scivolone enorme in seguito al quale hanno profondamente rivisto modi, priorità e soprattutto giro di amici. Tutto questo è di destra o di sinistra?

Ma torniamo a Pio e Amedeo: ricevono un premio per aver rivoluzionato il linguaggio in Tv e fanno un discorso aziendalista pazzesco pur non appartenendo a quella azienda. Il che manda già un po’ in confusione: essere rivoluzionari è di sinistra, essere aziendalisti è di destra. Poi se la prendono con Fedez, il che potrebbe essere di sinistra, ma ormai si è capito che prendersela con i Ferragnez è un modo facile per farsi pubblicità e far parlare di se su tutti i giornali online almeno per una settimana. Il che è di destra.

E torniamo alla canzone di Gaber. Chissà cosa scriverebbe oggi Gaber, come aggiornerebbe la sua canzone, perché a rileggerla oggi ci si accorge che non faceva altro che profetizzare tutto quello che sta accadendo oggi tra destra e sinistra, ovvero che una distinzione sulle cose concrete ormai non c’è più.

Potrei a questo punto in proposito passare alla questione provax e novax ma ve lo risparmio (o lo rinvio perché confesso che il tema mi affascina, ma bisogna trattarlo con delicatezza e adesso sono le quattro di notte e sto scrivendo solo perché non riesco a dormire perché non trovo una posizione in cui mettere sto ginocchio di merda in modo da non sentire dolore e non sono quindi molto lucida).

In conclusione, mi sorge un dubbio: ma quelli che leggendo quello che ho scritto non hanno capito una mazza perché non hanno la ben che minima idea di chi siano Pio e Amedeo, di cosa abbiano detto e di cosa sia successo con Fedez e la Ferragni, sono di destra o di sinistra?

Il cane gatto

In questa estate 2021 per me disastrosa che finalmente giunge al termine, quello che sicuramente se l’è goduta tutta è stato il cane. Quindici giorni in campagna con i suoceri, libero di scorazzare per il grande giardino in compagnia della cagnolina del cognato, coccolato e accudito con amore.

Ma anche per lui a fine agosto è giunto il momento di tornare a casa. E lì ha trovato me con le stampelle e quindi impossibilitata a portarlo a fare i nostri soliti giri interminabili.

Io non conosco la storia di questo cane, come abbia passato i suoi primi cinque anni di vita. Credo non sia stato maltrattato, è ben educato, e, a parte la fame di libertà e la voglia di correre verso l’infinito e oltre, è proprio un bravo cane.

Però ha cambiato molte case e padroni e secondo me un po’ di diffidenza ad affezionarsi gli è rimasta. Diciamo che con questo rientro a casa ha mostrato un aspetto del suo carattere nuovo, diciamo più utilitaristico, più “gattesco”. Lui mostra affetto a chi lo porta in giro e gli dà da mangiare qualcosa che non siano le sue crocchette.

Per farla breve… Lui, il cane che si finge morto, quello che, come uno stalker provetto, mi seguiva ogni volta che mi alzavo dalla sedia, quello che si accucciava davanti alla porta ogni volta che andavo in bagno, quello che dormiva sotto la mia scrivania, da quando ha capito che non posso più portarlo fuori, non mi considera più. Come un bravo gatto, ha capito che non posso essergli utile e così ora gira per la casa facendosi i fatti suoi, cercando nuovi posticini dove dormire e riservando le feste “canine” solo al consorte quando torna a casa, perché è lui che lo porta in giro mattina e sera ed è l’unico che si azzarda a lasciarlo libero nei prati della periferia milanese.

Durante il giorno il compito di portarlo fuori ormai ricade interamente sui ragazzi e da qualche giorno il pomeriggio lo portano dall’altra nonna, mia madre, quella che è cresciuta in campagna e che ha sempre avuto un rapporto, come dire, “campestre” con gli animali. Quella che non ha mai voluto animali in casa, quella che ha sempre avuto paura dei cani, memore dei cani randagi della sua infanzia, quella che non ha mai voluto gatti, perché nella sua esperienza personale i gatti erano quelli che servivano solo a tenere lontano i topi e che erano sempre alla ricerca di cibo. Tempo fa, mia madre era a casa mia quando la vicina di sotto si mise a urlare in modo particolarmente vivace contro il suo gatto e alla mia domanda “lo starà mica ammazzando?” mia madre mi rispose candida “no, tranquilla, ammazzare un gatto non è così semplice e inoltre farebbe dei versi ben riconoscibili”. Non ho mai voluto approfondire sul come lei facesse a saperlo, ma in effetti ricordo da bambina mia nonna che raccontava cosa succedeva dalle loro parti, sulle rive del Po, ai cuccioli dei gatti quando erano troppi…

Comunque, mia madre ieri mi ha chiamato per dirmi quanto bravo è il mio cane e che è contenta che i ragazzi glielo portino ogni tanto. Mia madre… contenta di avere un cane in giro per casa…

Io invece me ne sto qui con le mie stampelle in attesa che qualcuno decida del futuro del mio ginocchio. Non so quando riuscirò a ritornare per le vie del quartiere con il cane che si finge morto, ma spero solo che avvenga al più presto. Nel frattempo devo studiare un piano di corruzione di cane per ritrovare il mio ruolo di padrona e riconquistare il suo affetto. Perché la storia che “i cani ti amano incondizionatamente” mi sa che è una leggenda…

Una persona discreta

Io ammiro quelli che soffrono in silenzio, quelli discreti, quelli di cui non sai mai nulla. Quelli che ti raccontano tutto quando ormai il tutto è finito. Quelli di cui si parla a bassa voce: “hai saputo di Tizio?” “No, perché, cos’è successo? L’ho visto stamattina tutto sorridente e non mi ha detto niente…”

Ecco, io sono l’esatto contrario. Io sono un’incontinente verbale ed emozionale. Se sto male lo devono sapere tutti. Se soffro, io mi lamento con chiunque io incontri. Chiedo consigli, espongo, racconto, scendo nei dettagli anche se non richiesti. Quando la gente parla di me, mi immagino la scena: “hai saputo dell’Anna?” “Si, certo, lo ha scritto pure su Facebook….”

Io sono l’anti gossip perché dico già tutto e anche di più, a tutti.

Insomma, alla terza chat in cui racconto del mio ginocchio mi sono resa conto che sto esagerando.

Portate pazienza.

È che io e il dolore fisico non andiamo d’accordo. Sarà che mi sono fatta quello che di solito si fanno gli sportivi, ma io non sono una sportiva.

Ma alla fine ci pensa il consorte a rimettermi al posto giusto: “Anna, Baresi con il menisco rotto ha giocato una finale dei campionati del mondo”.

Ecco. Io non sono Baresi. Io ho un blog.

Requiem per la lavastoviglie

Si è rotta la lavastoviglie. Ovviamente mentre andava e prima di scaricare. Così ora abbiamo una lavastoviglie rotta piena di acqua sporca. La vecchietta di casa ha ceduto dopo ventidue anni. Ovviamente di chiamare un tecnico non se ne parla, sarebbe accanimento terapeutico. Nei prossimi giorni si andrà in un negozio, se ne sceglierà una nuova e via. Ma lei ci mancherà. Lei è sopravvissuta a quattro (o cinque? Ho perso il conto) lavatrici, tre frigoriferi, tre ferri da stiro, tre scaldabagni, due condizionatori, un forno. Era l’ultima rimasta funzionante della prima squadra di elettrodomestici entrata in casa nostra. Le eravamo affezionati, sapevamo cosa fare quando si bloccava, avevamo capito come le piaceva essere caricata, le volevamo bene anche se ormai la vaschetta del brillantante era rotta e se bisognava stare leggeri nel carrello superiore.

Ha scelto forse il giorno sbagliato per lasciarci, ma pazienza. Non c’è mai un giorno giusto per la lavastoviglie rotta…