Il furto

L’altra sera qualcuno è entrato in casa nostra e ha portato via tutto l’oro e i contanti che ha trovato. Non ha messo disordine, o almeno, ha rispettato il nostro disordine rimettendo tutto come lo aveva trovato. E infatti non ci siamo accorti subito. Il fatto di non riuscire a inserire la chiave per aprire per poi rendersi conto che la porta era aperta e poi aver trovato sul letto delle cose che di solito stanno in fondo all’armadio ci ha fatto sorgere un sospetto che poi è stato confermato quando abbiamo guardato nei portagioie dove tenevo i miei anelli e nelle scatoline in fondo all’armadio dove c’erano le catenine di battesimi, comunioni e cresime.

Dopo un giorno di shock, mentre aspetto il fabbro che venga a sostituirmi la serratura, sono qui sul mio divano che penso. Mi immagino la mia fede nuziale, il mio anello di fidanzamento, le catenine dei battesimi, l’anello e il bracciale regalato alla mia laurea che vengono sciolti e rimodellati in qualcos’altro. Li immagino che si fondono lentamente, portandosi via il mio ricordo e quello che hanno significato per me. Stranamente non provo dolore, è una visione quasi rilassante. Gli orecchini della mia nonna e l’anello che mi regalò il consorte quando è nata la primogenita però mi auguro che vengano rivenduti: erano così belli che spero che qualcun’altra possa indossarli.

E poi provo a immaginare chi è entrato. Qualcuno a cui interessava solo l’oro e il contante, che sapeva sicuramente come muoversi e che non so se ci ha controllato oppure ha avuto solo una gran botta di culo a non trovare né noi né il cane in casa. Noi che siamo semplicemente usciti a cena.

Comunque, quando siamo tornati la casa era perfettamente in ordine. In alcuni casi più di ordine di come l’avevamo lasciata. Solo dopo aver capito che qualcuno era entrato abbiamo notato piccole cose fuori posto o semplicemente spostate.

Non lo so, è come se ci fosse stata una cura nel rubare, un “lavoro fatto bene”, un lavoro professionale.

E questa cura mi sorprende. Perché usare tanta attenzione quando sarebbe stato sufficiente sbattere tutto fuori e via? Forse per prendere tempo per la fuga, confidando nel fatto che non ce ne saremmo accorti subito? Forse. Ma voglio pensare che sia stata una gentilezza nei nostri confronti: “sto portandovi via tutto ma è il mio lavoro, niente di personale, cerco di farvi meno male possibile”.

Qui sul divano io non riesco a non pensare alle persone che hanno fatto tutto ciò. Me le immagino serie e concentrate avviarsi in quei posti dove solitamente la gente tiene gli oggetti preziosi: armadi, cassetti, scatole, librerie… le immagino più di una, silenziose, veloci e coordinate mentre svolgono con competenza il proprio lavoro.

Ogni giorno ci accorgiamo di qualcosa che manca. Il carabiniere che ha raccolto la nostra denuncia ci aveva avvisati: nei prossimi giorni, forse vi accorgerete di altre cose mancanti, per cui tornate pure che integriamo. Così adesso aspetto ancora un paio di giorni e poi mi ripresenterò in caserma.

Mi sento un po’ stupida, continuo a pensare a tutto quello che avrei dovuto fare per evitare un tale disastro. Ma poi penso che non si può vivere pensando in ogni momento che qualcuno possa entrarti in casa. Certo, forse avere un allarme o una cassaforte avrebbe fatto la differenza, ma non pensavo di averne bisogno finché non mi sono ritrovata davanti al maresciallo a fare l’elenco di tutto quello che mi hanno portato via. Sono sempre stata convinta di non avere molti preziosi, eppure quando te li trovi scritti uno dopo l’altro ti rendi conto come in cinquant’anni di vita le cose si accumulino, si ereditino, come il cassetto si sia riempito di regali preziosi, testimoni di giornate speciali o ricordo di persone che non ci sono più.

Ho deciso che questa cosa non mi farà perdere fiducia nel genere umano, non mi farà vivere nella paura anche se in questi primi giorni dormire è proprio complicato. Come sta diventando complicato uscire di casa: girare la nuova chiave non credo mi farà stare meglio.

Poi però guardo il mio aspirapolvere Daison: lui me lo hanno lasciato. Costa un botto e senza di lui la mia vita sarebbe più complicata. Ci saranno altri giorni da festeggiare, altri regali da fare. L’anno prossimo faccio le nozze d’argento: il consorte sa già cosa può regalarmi e sarà bello.

Ma adesso mi alzo da questo divano e passo l’aspirapolvere. Lui è rimasto.

La vita continua.

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Come bottiglie di coca cola

Riassumendo: non possono andare ai concerti, non possono andare a ballare, non possono pogare, non possono viaggiare, non possono giocare a calcetto o a basket con gli amici, non possono fare le feste, non possono suonare e non possono cantare in gruppo, non possono chiacchierare con una birra in mano, non possono fare l’intervallo in corridoio, vengono registrati ogni volta che vanno in bagno, meglio se non prendono i mezzi pubblici, che usino sempre la bici, non possono baciarsi, abbracciarsi, darsi il cinque. Niente feste dei 18 anni, niente gite scolastiche, uscite didattiche, laboratori. Spazi di aggregazione chiusi, gruppi consentiti solo se organizzati, distanziati, con autocertificazione e adesione al protocollo. Sono sempre coperti da una mascherina, che, per carità, alcune sono fighissime e qualche volta vanno anche bene per coprire l’acne, ma toglie il gusto e la soddisfazione di truccarsi, di sentirsi belli, di riconoscersi. Basta un compagno di classe positivo e vengono rinchiusi in casa per 14 giorni, mentre i loro genitori, giustamente, continuano a lavorare, a usare i mezzi pubblici, a fare la spesa. Stanno a casa loro per far uscire noi. Tutto giusto, ovviamente, meglio che andare in guerra. Eppure sono visti loro come “gli untori”, gli irresponsabili, gli “egoisti”. Mi sorprende chi si sorprende che siano aumentati i casi di  vandalismo, di delinquenza. Il problema c’era già con i ragazzi, ed era in crescita: abbandonati, annoiati, senza progetti seri e fantasiosi che li riguardassero, solo con divieti che a una certa età (ma forse a tutte le età) non sono altro che un invito a violarli. 

Due anni per noi vecchi non sono nulla, ma sono un’eternità se hai dai 13 ai 20 anni. Chiudete gli occhi e ripensate a voi stessi a quell’età. Ma non la ricordate quella sensazione di claustrofobia quando stavate in casa? Non ricordate la rabbia, l’insofferenza? Non aspettavate con ansia l’uscita con gli amici, che comunque arrivava ogni venerdì e sabato sera? Non cominciavate a progettare il vostro viaggio estivo a ottobre? Non spulciavate le riviste per essere aggiornati sui prossimi concerti? Quando avete conosciuto i vostri più cari amici? Sì, quelli che vi sono durati una vita e durano tutt’ora? Dove li avete conosciuti? Come li avete conosciuti? Che cosa avete fatto insieme che vi ha reso così amici? È vero, hanno strumenti che noi non avevamo e li sanno usare molto meglio di noi. Comunicano, si innamorano, si vedono, guardano film, concerti, ascoltano musica, ma fanno tutto chiusi nella loro stanza e noi, anche sembra una follia anche solo pensarlo, adesso siamo sereni e sollevati se li sappiamo chiusi lì dentro.

Quando avremo finito di agitare e sconquassare tutte queste giovani bottiglie di coca-cola, aspettiamoci il botto. Ma vi prego, quando sarà, perché è una certezza che avverrà, non siatene sorpresi. 

O cara moglie

L’altra sera si chiacchierava con i miei figli delle canzoni che cantavo io agli scout quando ero una coccinella e mi è tornata in mente “O cara moglie”. Avevo 8 anni: mi feci spiegare chi fossero i “crumiri” e mi immaginavo così bene il porco padrone che rideva allegro sul portone che me lo ricordo ancora oggi.

Ripenso a quella canzone e mi chiedo chi siano oggi le persone veramente senza diritti, gli sfruttati, chi oggi deve combattere sul serio per il proprio lavoro e per la libertà.

E mi chiedo chi siano i porci padroni.

La risposta me la do ogni volta che facendo via Corelli di ritorno dalla redazione dove ho fatto un lavoro che mi piace, anche se forse non retribuito come dovrebbe, tengo gli occhi spalancati per fare attenzione a tutti i ragazzi in bicicletta che nel buio e nella nebbia, partono dal centro per migranti con la loro borsona quadrata sulle spalle pronti a consegnare piatti pronti a chi, come me, non ha voglia di cucinare, a chi sta a casa sua al caldo ad aspettare la cena pronta, a chi poi si lamenta perché ha aspettato 5 minuti in più. A chi si innervosisce perché chi te lo consegna non parla italiano. Chissà, magari anche lui, oltre ad avere una borsa quadrata, ha una moglie e un figlio. Chissà cosa gli racconta…

Chi sono gli sfruttati di oggi? E che faccia avranno i porci padroni?

Molte delle persone che erano con me lupetti e coccinelle oggi votano lega e strizzano l’occhio a ricordi di un passato fascista che non hanno conosciuto in prima persona e che forse nella loro mente è stato un passato glorioso. Sono quelli che oggi si sentono traditi dalla sinistra, che si percepiscono sfruttati e defraudati di qualcosa. E mi chiedo che cosa la Lega stia facendo per loro, per difendere i loro diritti, il loro lavoro e la loro libertà. Che cosa sta facendo la Lega per me, per migliorare le mie condizioni contrattuali, per migliorare la vita dei miei figli e per garantire loro un futuro sereno. Veramente negare diritti a delle persone ne garantisce di più a me? O semplicemente, negare diritti a qualcuno serve solo ad arricchire i porci padroni? Il dubbio che mi viene è che gli operai di un tempo vogliano oggi essere i nuovi padroni che ridono sul portone, senza rendersi conto che non sono altro che crumiri che fanno sempre più arricchire il vero padrone, pronti a muoversi a un suo cenno, risparmandogli pure la fatica di stare sul portone.

Agli scout cantavamo anche “Stalingrado“, ma questa è un’altra storia. O no?

 

Facciamo finta

Facciamo finta.

Facciamo finta che un giorno la Libia decida di invadere il Sud Italia. Che si presenti davanti alle coste della Sicilia e cominci a bombardare.

Facciamo finta che Paestum, Valle dei templi, su su fino al Colosseo venga tutto distrutto.

Facciamo finta che Europa, Stati Uniti e Russia decidano di non intervenire in cambio di un accordo economico e che decidano che cedere il Sud Italia sia per loro molto vantaggioso.

Facciamo finta che nel Sud Italia la gente provi a difendersi scatenando una guerra su suolo italiano che distrugge tutto. Che la gente non possa più andare al mare, a scuola, al lavoro. Che solo uscire di casa possa essere rischioso per la propria vita. Che i ragazzi e le ragazze giovani si ritrovino tutti con un fucile in mano.

Facciamo finta che siciliani, calabresi, pugliesi, campani e lucani provino a scappare via mare cercando di raggiungere Genova e Venezia. O almeno provino a mandare via le proprie figlie e i propri figli ventenni. Tutti. Quelli bravi e studiosi, quelle intelligenti, quelli belli, ma anche i cazzoni, le imbranate, i pigri, i bruttini.

Facciamo finta che al Nord si crei uno stato indipendente, che rispolveri i principi che fecero nascere la Lega, che faccia un accordo con il resto dell’Europa e che si impegni a trattenere i meridionali creando campi profughi in cambio di un sacco di soldi, che vengono usati per armarsi, per sovvenzionare il potere del governo del Nord Italia e i capi militari.

Facciamo finta che di conseguenza l’economia del nord crolli e che si creino fazioni con eserciti indipendenti, sovvenzionati da europa, stati uniti, Russia, ognuno con lo scopo di avere un controllo sul Nord Italia.

Facciamo finta che qualcuno che gestisce i campi scopra che può guadagnare un sacco di soldi facendo passare illegalmente la gente verso Svizzera, Francia e Austria. Facciamo finta che per guadagnare di più, ma anche per dare sfogo alla propria frustrazione e sorretti dal principio che gli abitanti del Nord sono migliori di quelli del Sud, cominci a picchiare, torturare e stuprare la gente dei campi profughi per farsi pagare in cambio della salvezza. Donne e bambini compresi.

Facciamo finta che anche la gente di Bergamo, Brescia, Torino, Verona e Milano cominci a far fatica a mettere insieme un pranzo e una cena, ma anche avere una scuola per i propri figli, un ospedale, delle strade, un lavoro e così cominci a cercare di andare all’estero. Ma che al confine trovi lo stesso trattamento: confini chiusi. Facciamo finta che a un certo punto, Siciliani, Calabresi, Pugliesi e Lucani possano in alcuni casi essere dichiarati “rifugiati politici”, mentre lombardi, piemontesi e veneti no, perché al Nord non c’è la guerra.

Facciamo finta che le guardie svizzere, francesi e austriache si mettano lungo i confini e impediscano l’ingresso, rimandando le gente che beccano nei campi da dove sono arrivati. Oppure semplicemente li lasci sulle Alpi d’inverno.

Facciamo finta che alcune persone svizzere, francesi e austriache, ma anche tedesche e olandesi, pensino che non sia giusto che della gente muoia al gelo sui monti, a maggior ragione gente abituata al mare e al caldo, e che cominci a fornire coperte, costruire rifugi e aiutarli ad arrivare in un luogo sicuro, dove poi poter legalmente chiedere di poter rimanere. Facciamo finta che queste persone vengano dichiarate “terroristi” e che si diffonda in Europa l’idea che sia a causa loro che la gente provi ad arrivare oltre confine. E quindi li arrestino. E nel frattempo che i governi Europei usino tutte le loro risorse diplomatiche ed economiche per fare accordi con il Nord Italia perché renda più grandi i campi e si fornisca di guardie che impediscano la fuga di chi vi è rinchiuso. E non facciano assolutamente niente nei confronti della Libia e nel sud Italia.

Ecco.

Facciamo finta.

Portatori sani di bellezza

In questi giorni non si fa che parlare della musica che ascoltano i ragazzini, della trap, di quello che dicono, degli strani personaggi che la cantano.

La domanda che mi faccio io è perché ai ragazzini piaccia quel tipo di musica, perché ci si ritrovino, perché certi testi abbiano tutto questo successo.

Credo che la musica sia solo uno specchio dei tempi, che sia il frutto e non il seme di un certo modo di pensare. Credo che la musica racconti il mondo che c’è e, sebbene ogni tanto si possa pensare che la musica sia “educativa”, io credo che sia soprattutto “narrativa”.

I testi delle canzoni trap parlano di soldi, danno un’immagine della donna sottomessa all’uomo ma esaltano le mamme, nascono dalle periferie povere e disagiate ma dilagano tra i ragazzini di famiglie benestanti. Parlano di alcol, canne e droga come un modo per stare bene, dei vestiti di marca come rivalsa sociale e sono farcite di parolacce e bruttezza. Essere tamarri, trash, ignoranti, arrabbiati e alterati è diventato un must.

Perché dei tredicenni amano questi temi, perché sono affascinati dalla bruttezza, dalla rabbia e dalla volgarità?

Mi sorge il dubbio che si sentano schiacciati, oppressi da un mondo che parla solo di soldi, di un mondo dove la vita del prossimo non ha valore, dove tutti sono arrabbiati perché si sentono costantemente defraudati di qualcosa cui ritengono di avere diritto e chissenefrega degli altri. E quindi comincino a pensare che anche la loro, di vita, in fondo non abbia valore, cha anche loro non hanno niente, che non valgono niente. Quindi tanto vale cercare di stare bene adesso, in questo momento, cercando di anestetizzare le proprie sofferenze con un po’ di fumo o di vodka, circondati da amici, dalla propria gang che diventa famiglia. Godere di una felpa, di un paio di scarpe, dell’apprezzamento per il proprio aspetto fisico.

Chi la dice più grossa ottiene attenzione. Chi fa casino ottiene attenzione. Chi più si mostra ottiene attenzione.

Quale spazio c’è per i ragazzini oggi? Sono in minoranza rispetto ai vecchi, non votano, la politica li ignora e loro ignorano la politica. Non hanno posti dove stare, hanno una scuola fatiscente con insegnanti spesso frustrati e scontenti, preoccupati più per il loro stipendio e le proprie condizioni di lavoro, piuttosto che del loro ruolo di educatori. Hanno genitori indaffarati ed eternamente preoccupati, che da adolescenti sono cresciuti tra paninari e tette del Drive in, frustrati anche loro, alla continua ricerca di apprezzamento e soddisfazioni sul lavoro e nella vita affettiva, costantemente arrabbiati, che utilizzano i social in modo maldestro e inopportuno, che riversano su questi adolescenti tutte le loro aspettative, e inculcano loro l’idea che per sopravvivere devi essere sempre vincente. Devi andare bene nello sport, devi andare bene a scuola, devi avere un sacco di amici, devi essere bello, devi piacere. E quando a tredici anni capisci che tutto non si può, che la scuola può essere faticosa perché ci sarà sempre qualcuno più bravo di te, che anche se sei intelligente, forse non è così facile come pensavi, che se vuoi una gang devi sottometterti alle sue regole, che anche lo sport, che fino a 12 anni è per tutti, dai 13 diventa solo per pochi, per quelli più portati o solo più “cattivi”. E quando il mondo dell’infanzia ti si sgretola sotto i piedi, quando arrivano le prime facciate, i primi veri insuccessi, le prime vere delusioni che bruciano e che sai ti bruceranno per tutto il resto della vita, ecco che arriva qualcuno che ti dice che dei tuoi genitori te ne puoi anche fottere, che della scuola puoi fottertene, che per piacere basta una felpa da 200 euro, che se ti metti su instagram nella giusta posizione mostrando le mutande e facce ammiccanti anche tu puoi essere bello o bella e puoi piacere. Nel senso che ti mettono tanti “like”.

E quindi la trap diventa una ventata di sollievo. Perché se uno sfigato, brutto e volgare è riuscito a fare un sacco di soldi apparentemente senza fatica, posso farcela anche io. E se non ce la faccio, posso sempre far finta di farcela.

Temo che finché in giro non tornerà ad esserci bellezza, gentilezza, compassione e solidarietà, la musica non potrà cambiare.

Ma sono fiduciosa. Perché di adolescenti ormai ne conosco parecchi e so che sono tutti portatori sani di bellezza, anche i più devastati, anche quelli che sembrano persi. Si dovranno salvare da soli, perché è evidente che gli adulti non sono in grado di salvare nemmeno se stessi, e so che lo faranno, come hanno fatto tutti gli adolescenti che li hanno preceduti. Spero che il prezzo da pagare per loro non sia troppo alto.

Visioni

Ogni tanto faccio pensieri strani, mi immagino cose.

Ieri sera nel dormiveglia, mentre cercavo di prendere sonno, ho avuto una visione.

Ero a un comizio della Lega. No, non quella di adesso, quella di Salvini… Sembrava più quella delle origini, quella di Bossi, del Roma ladrona, della Sicilia tutta mafia e di Napoli puzzona. Però eravamo ai giorni nostri. Direi forse nel futuro rispetto ad oggi.

La gente era furibonda. Tutti bresciani, vicentini, friulani…

Io ero con loro, e nelle mie vene scorreva più che mai il mio sangue lombardo-veneto.

Si contestava Salvini con molto trasporto. Probabilmente il reddito di cittadinanza e il decreto sicurezza erano già a regime.

La protesta era accesa. Salvini sul palco sudava nella sua felpa con scritto a caratteri cubitali “Napoli”.

Ad un certo punto è salito sul palco un allevatore del mantovano. Con il decreto sicurezza tutti i suoi lavoratori asiatici non avevano visto rinnovato il loro permesso di soggiorno e così se ne erano andati a lavorare in Germania. Aveva perciò cercato altra gente nei centri dell’impiego, ma questi erano tutti meridionali, nessuno disposto a trasferirsi al nord per una paga di poco superiore al reddito di cittadinanza per fare un lavoro di merda. Così si era visto costretto a mandare al macello più capi del previsto, ma era stato divorato economicamente dalle tasse perché non aveva più diritto alle sovvenzioni della comunità europea, tagliate drasticamente dopo lo scontro acceso con il governo italiano. Non avendo ancora compiuto 63 anni, non era rientrato nel gruppo che per tre anni era potuto andare in pensione con quota 100, e raccontava che doveva pagare la scuola privata ai figli perché la scuola statale del suo paese era crollata, le insegnanti da quel giorno erano in sciopero e i ragazzi erano a casa.

E così urlava, urlava. Denunciando un’infiltrazione camorristica senza precedenti nelle sue terre, che gestiva il lavoro nero dei clandestini, dei centri dell’impiego e delle commesse edilizie.

Salvini ascoltava e sudava nella sua felpa, ma sorrideva. Lo lasciò parlare e poi con calma prese il microfono e disse con perfetto accento napoletano: “Chi pecora se fa, ‘o lupo s’ ‘o magna. E comunque la colpa sta tutta al piddì”.

Mi sono addormentata di buon umore.

Cari amici leghisti

Cari amici leghisti, io proprio non vi capisco.

Possibile che voi siate così fedeli al vostro capitano al punto di perdonargli qualsiasi cosa? Veramente per voi non è un problema il fatto che la lega sia un partito dove il dissenso praticamente non esista? Veramente pensate che essere “italiani” sia sufficiente per fare di voi delle brave persone? Veramente ritenete che i vostri diritti siano più importanti di quelli degli altri? Perché?

Veramente siete disposti a fare di tutto per non vedere per strada qualche ragazzo africano? Veramente per voi il problema è quello? Adesso che la gente ha ricominciato a morire in mare, vi sentite veramente meglio? Sfogare la vostra rabbia e le vostre frustrazioni su gente che non conoscete, è così salutare per voi? Ma non siete stanchi di essere incazzati con il mondo? Non siete stanchi di chi alimenta questa vostra rabbia? Non vi siete proprio mai chiesti perché lo faccia? Veramente pensate che lo faccia per voi? Ma avete capito che la pace fiscale tutelerà soprattutto chi ha molto rubato, chi ha interessi mafiosi? I 5 stelle sono degli incapaci, Di Maio ha fatto una figura barbina, ma avete capito quello che ha detto? Avete capito che lui per primo si è reso conto che gli ultimi provvedimenti andranno a favorire i capitali mafiosi? Ma non vi siete chiesti perché invece per la lega è tutto apposto? Ma possibile che non vi facciate mai domande, e che le uniche che vi fate siano quelle che vi mette in bocca il vostro capitano a suon di tweet? E voi elettori 5 stelle, possibile che tacciate di fronte a ogni nefandezza venga fatta nei confronti di gente debole e nei confronti di chi vorrebbe solo aiutare il prossimo, e vi muovete solo quando si parla di soldi? Ma veramente siete convinti che li vedrete voi quei soldi? Veramente avete fiducia nei ministri che stanno gestendo problemi complessi solo con pagine facebook e annunci ad effetto che ad oggi non hanno trovato seguito?

Voi anziani che votate lega, veramente ritenete che sia più importante tutelare i pochi anni che vi restano da vivere a scapito del futuro dei vostri figli e dei vostri nipoti? Voi, che avete esperienza, non siete consapevoli che un bambino discriminato, emarginato oggi, un domani sarà un adulto arrabbiato e disposto a tutto? Voi nonni, quando andate a prendere i vostri nipoti a scuola e all’asilo, possibile che non vediate che per i bambini il colore di pelle e l’estrazione sociale, non conta un cazzo ma che siete voi a instillare nelle loro menti che un bambino valga più di un altro? Veramente i vostri nipoti hanno sempre ragione? Veramente sono così indifesi? Ma non vi sentite in colpa a fare dei vostri nipoti degli egoisti cattivi? Perché volete vendicarvi sugli altri per le frustrazioni che avete avuto in vita vostra?

Veramente c’è gente della mia età che in nome del risotto giallo, sostiene chi ritiene giusto far morire gente in mare? Veramente ritenete che i rom siano il flagello dell’Italia?

Ma non vi sentite mai un po’ strumentalizzati in favore di chi ha un sacco di soldi e fa di tutto per averne di più? Siete veramente convinti che la lega stia portando avanti una politica che faccia i vostri interessi? Ogni volta che la libertà, ma anche solo la dignità di qualcuno viene calpestata, non vi sorge il dubbio che un giorno potrebbe essere la vostra di dignità ad essere ignorata e calpestata?

Voi madri e padri che spendete un sacco di soldi per far studiare i vostri i figli, per fargli imparare lingue perché un giorno possano andare in altri paesi a cercare fortuna e riconoscimenti, perché non riuscite a mettervi nei panni di chi fa la stessa cosa in Africa, in Asia, in sud America con gli strumenti che ha?

Perché con la stessa veemenza non chiedete a gran voce che chi arriva qui possa essere in grado di lavorare dignitosamente anziché rinchiuderlo in una vita si espedienti e degrado? È così complesso comprendere che degrado porta solo degrado? Se accetto con disinvoltura che ci sia della gente senza diritti sfruttata a tre euro all’ora, veramente pensate che poi io possa chiedere di essere pagata il giusto per il mio lavoro? Ma non vi siete chiesti perché sia stato così attaccato chi dava dignità a questi lavoratori, e invece nulla venga fatto nei confronti di chi li sfrutta? Perché Riace sì e Rosarno no?

Veramente, io non vi capisco. Anche perché alcuni di voi io li conosco, e so che sono persone generose, spesso con un passato e qualche volta anche con un presente difficile, e mi fa incazzare vedere la vostra buona fede strumentalizzata, mi fa incazzare vedere la vostra pietà riversarsi solo su cani e gatti perché qualcuno vi ha convinto che solo loro sono degni di riceverla. Mi fa incazzare chi continua a dirigere il vostro sgurdo solo su voi stessi, privandovi così della bellezza del mondo, delle persone, e delle diversità. Vi stanno offrendo una visione del mondo grigia, e voi, noi, io, ci meritiamo il sole.

 

Vacanze finite

È stata un’estate strana, faticosa. La testa e il cuore sono rimasti a Milano, sperando in buone notizie che non sono arrivate.

Le notizie lette di fronte al mare riportavano continuamente in Italia.

Viaggiare in Croazia, fare un salto in Bosnia, vedere ancora dopo più di vent’anni i segni di una guerra che ti ha accompagnato nei telegiornali dei tuoi vent’anni, il ponte di Mostar. Ma contemporaneamente leggere del ponte di Genova, della follia di tenere persone segregate su una nave come ostaggi per ottenere qualcosa perché si è incapaci di fare politica, usare e umiliare gli ultimi per farsi forti, facendo solo la figura dei pirla. Sentire espressioni che sembrano citazioni dei film dell’istituto Luce di 80 anni fa e non poter credere che stia veramente accadendo tutto questo.

Lo squallore delle dichiarazioni di una propaganda che non si ferma ma che anzi, riprende vigore difronte a una tragedia immensa, l’incapacità del silenzio e del rispetto, del lavoro serio e intelligente, a Genova come a Catania.

Ci aspetta un autunno difficile, lo sai e ti fa paura. Ti sei scoperta circondata da gente cattiva, che schiuma rabbia e stronzaggine, incapace di pietà ed empatia. Ma allo stesso tempo vedere che c’è anche tanta gente che non ci sta, che a tutto c’è un limite e che il limite lo si sta superando. Perché chi semina vento di solito raccoglie tempesta.

Poi però arrivi a casa dopo 12 ore di macchina, un traghetto, due frontiere, un numero imprecisato di nubifragi, autogrill squallidi, code lunghe per poter fare pipì in cessi puzzolenti, un macdonald affollato… e lui ti guarda e dice “mamma, è stato un viaggio bellissimo”.

E tu quasi ti commuovi.

E sì, è stato un viaggio bellissimo.

Buona notte. Andrà tutto bene.

Radical chic

Io e Matteo Salvini abbiamo molte cose in comune. È difficile per me ammetterlo ma è così. Non so in quale quartiere lui sia cresciuto, non sono ancora riuscita a scoprirlo, ma da quello che ho letto, immagino che lui provenga da una famiglia di classe sociale media, che sia cresciuto in un bel quartiere ma non certo di lusso, e che nella sua infanzia abbia pensato di essere ricco. Che poi al liceo, al Leoncavallo, in università abbia conosciuto i veri ricchi, si sia sentito escluso, ed eccolo qui: l’odio per i radical chic. I radical chic a Milano sono quelli ricchi ma che vanno in giro con maglioni bucati di cachemire, che frequentano posti di sinistra ma che gli unici operai che conoscono sono quelli che hanno ristrutturato il loro attico in centro, che hanno la donna di servizio 24 ore al giorno ma a cui sono “affezionatissimi”, che amano le cose usate a patto che siano vintage, detestano i centri commerciali e, fondamentalmente, la gente comune. Per intenderci: la val d’Aosta e la Toscana sono radical chic, il Trentino e la Romagna no. Andare in barca a vela è radical chic, il motoscafo no.

I radical chic hanno marche così esclusive che la gente normale non le conosce neppure, perché a loro “non interessa il marchio, ma la qualità” e si sa… la qualità costa… oppure hanno cose pagate tre lire su una bancarella a Bali, o nel negozietto carino carino di Berlino o Parigi. Da ragazzi hanno guadagnato i primi soldi raccogliendo frutta, facendo i camerieri, ma appena laureati hanno subito trovato lavoro nello studio dell’amico del papà.

Ecco, io so chi sono i radical chic.

Quindi capite la mia incazzatura quando mi sento dare della radical chic solo perché inorridisco di fronte a una classificazione delle persone, perché provo orrore difronte al cinismo con cui ci si accanisce contro della povera gente che muore. Quando mi scandalizzo di fronte alla strumentalizzazione della sofferenza della gente per fini politici. E in questo mi riferisco alla sofferenza della gente come me, che vede giorno per giorno andare in frantumi l’illusione di benessere che ci è stata regalata dai nostri genitori, vedendo il nostro lavoro sottopagato, ipertassato in cambio di servizi scadenti.

E mi fa incazzare questo qui, salito al potere con la bava alla bocca grazie a una manciata di voti e a un accordo infame fatto con degli incapaci. Mi fa incazzare perché è un frustrato, uno che avrebbe voluto essere un radical chic ma che presumibilmente non è stato accettato. Allora si è trovato una folla di gente stanca e frustrata a cui ha fornito degli esseri più deboli da bullizzare.

Una folla di gente così simile a me. Quella che ha avuto tutto nell’infanzia grazie al lavoro dei propri genitori, ma che nell’adolescenza ha conosciuto chi aveva veramente tutto e si è sentito un po’ come quando scopri che babbo natale non esiste.

Quella classe sociale cresciuta in piccoli appartamenti in periferia, ma che in periferia è sempre stata un po’ quella privilegiata. Quelli come me, che conoscono le case popolari, ma guai a confondersi con quelle.

Siamo un po’ come la borsa imitazione della nay oleari.

E mi fanno incazzare i radical chic che continuano a snobbare la gente dei centri commerciali, quella che guarda Maria De Filippi, che fa le vacanze Romagna.

E mi fanno incazzare quelli di sinistra che hanno regalato questa folla a un omuncolo mediocre che ha fatto della mediocrità una massa crudele anziché una massa sorridente. Una sinistra pavida che sussurra per non esporsi. Vorrei che qualcuno andasse sulle spiagge affollate, nei centri commerciali, a urlare che non è dividendo la gente in buoni o cattivi, bianchi e neri, italiani e non italiani, che riavrete il vostro benessere, che non sarà lasciando morire, rinchiudendo, picchiando e discriminando chi sta peggio di voi che starete meglio. Che non è facendo i cattivi che diventerete più ricchi. Al massimo diventerete sempre più simili ai radical chic. Ovvero degli stronzi.

Detox

Ce ne andremo da qui un giorno. Lasceremo tutto e ci metteremo in viaggio. E saremo sereni, sollevati, leggeri. Non più preoccupazioni, non più invidie, non più rancori. Il mondo sarà un posto bellissimo, pieno di gente che balla, che ride. Conosceremo lingue nuove, nuove usanze. Non ci sarà nemico, non ci sarà prepotente, non ci sarà cinico, non ci sarà cattivo. Ci stringeremo un po’ e ci staremo tutti. Tutti avranno il loro grande amore, tutti saranno baciati da chi vorranno essere baciati. Ci sarà il sole. Un giorno ci stuferemo di essere arrabbiati, pavidi ed egoisti. Ci sdraieremo su un prato, perdoneremo tutto e saremo perdonati. Ritroveremo amici persi, ci riscopriremo più simpatici. I bambini saranno solo bambini, i ragazzi si godranno la loro vita, e noi ci goderemo la nostra maturità, felici di essere consapevoli che maturi non lo saremo mai. Riscopriremo la gentilezza e sarà un sollievo. Saremo felici di quello che abbiamo ma non avremo l’ansia di perderlo.

Tutto questo avverrà, ne sono sicura. Nel frattempo…

boh…

Forse smettere di leggere i commenti sui social mi potrebbe essere d’aiuto…